Sorpresa, calano i poveri (e senza il reddito 5s)

Quando vinsero le elezioni e diedero vita a un governo sotto la loro guida, i Cinquestelle annunciarono al mondo l'abolizione della povertà

Sorpresa, calano i poveri (e senza il reddito 5s)
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Quando vinsero le elezioni e diedero vita a un governo sotto la loro guida, i Cinquestelle annunciarono al mondo l'abolizione della povertà. Allora furono in pochi a credere in quelle stupidaggini e in effetti la storia è andata come ben sappiamo. Nel Mezzogiorno del voto di scambio grillino, in particolare, si sono moltiplicati interventi assistenziali che hanno peggiorato una situazione già prima difficile.

Da allora sono trascorsi quasi sei anni ed è oggi interessante notare che, con al governo il centro-destra, siano disponibili alcuni dati Istat che mostrano una volta di più come i risultati non siano necessariamente allineati alle intenzioni e, soprattutto, agli slogan. Non basta dire di combattere la povertà perché essa si riduca: specie se per ottenere questo obiettivo si moltiplicano tassazione e spesa pubblica. Né si deve pensare che un esecutivo come quello guidato da Giorgia Meloni, che mostra un tasso di retorica egualitarista assai inferiore rispetto a quello degli esecutivi precedenti, debba necessariamente fare peggio.

Le cifre rese note dall'Istat, infatti, ci parlano di un'Italia che nel 2023 ha visto lievemente diminuire le distanze tra i redditi disponibili. Utilizzando l'indice Gini, si passa dal 31,9% al 31,7%. Non si tratta per nulla di un grande cambiamento (ed è sempre una buona cosa essere scettici dinanzi all'attendibilità di queste misurazioni), ma è comunque interessante cogliere che quel dato è accompagnato da un altro, il quale ci parla di un rischio di povertà in calo: dal 20% al 18,8%.

Nel rendere note questi dati l'Istat entra nel dettaglio delle sue ipotesi esplicative: richiamando l'attenzione sugli effetti di questa o quella misura legislativa (a partire dal parziale esonero dei contributi previdenziali, solo per citarne una). Su tutto questo ovviamente si potrebbe discutere a lungo, dato che i risultati complessivi riguardanti la povertà e la disuguaglianza sono l'esito di moltissimi fattori economici che s'intrecciano, ben al di là delle decisioni di governo e delle nuove disposizioni di legge.

È comunque interessante notare che il 2023, e l'Istat lo sottolinea, è stato proprio l'anno che ha visto circa un milione di famiglie andare incontro a una riduzione o a un annullamento del reddito di cittadinanza. Esattamente nel momento in cui s'è cominciato a muovere qualche passo verso lo smantellamento del solidarismo di Stato, i dati statistici sulla povertà e perfino sulla diseguaglianza hanno cominciato a migliorare.

In tutto questo c'è una piccola lezione, che non va per nulla ignorata. Si tratta infatti di comprendere per quanto ciò possa essere controintuitivo che non sempre quello che è presentato come un aiuto è davvero tale.

Le politiche demagogiche, d'ispirazione socialista oppure cattolico-solidarista, sembrano risolvere in maniera diretta ed immediata i problemi della società, ma in verità falliscono perché non valutano le conseguenze di lunga durata. E questo deve farci capire che non è parlando di continuo dei più poveri e moltiplicando le politiche «a loro favore» che si va davvero incontro a quanti stanno peggio.

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