Lo specchio dell'arroganza

Pensare di poter tenere 100 capi di Stato per quattro ore sotto un diluvio, circostanza che ancora non può essere controllata dalla grandeur francese, non è una pericolosa dimenticanza, non è una sciatteria in un'organizzazione che ha pensato anche all'ultimo dettaglio politicamente corretto: è un mostruoso atto di arroganza

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In molti si sono messi, comprensibilmente, a giudicare criticamente l'apertura dei Giochi olimpici di Parigi. Gli inglesi hanno notato come, con una spesa quattro volte inferiore, la loro Londra abbia fatto ben altra figura. Il tabloid più popolare ha giudicato l'inaugurazione francese una farsa. I giornali francesi sono stati più indulgenti, ovviamente, e hanno molto insistito sul crollo del traffico ferroviario causato da una banda organizzata di criminali di cui non si conosce ancora il colore. Tutte considerazioni ovviamente condivisibili; manca forse l'unica critica fondamentale ed esplicativa di come si autoconsideri la Francia di Macron. Chiunque abbia organizzato anche una festicciola estiva per i diciott'anni, per non parlare di un battesimo o di un matrimonio, ha un solo incubo: la pioggia. Pensare di poter tenere 100 capi di Stato per quattro ore sotto un diluvio, circostanza che ancora non può essere controllata dalla grandeur francese, non è una pericolosa dimenticanza, non è una sciatteria in un'organizzazione che ha pensato anche all'ultimo dettaglio politicamente corretto: è un mostruoso atto di arroganza. Mentre il presidente francese Macron era al riparo, il nostro presidente della Repubblica, e come lui decine di capi di Stato, hanno dovuto indossare uno di quegli impermeabili che in genere utilizzano i turisti colti di sorpresa dall'acquazzone estivo davanti al Colosseo. È una metafora della politica estera di Macron e oggi della Francia: lo spettacolo europeo, la guerra in Ucraina, le tensioni in Nordafrica e Medio Oriente interessano il presidente azzoppato soltanto se si trova al riparo e ne cura la regia; per quanto riguarda gli altri invitati, facciano pure gli spettatori sugli spalti scoperti. Il problema non è tanto aver inzuppato gli uomini più potenti del mondo, ma quella di essersi creato una difesa per non fare la stessa fine. Bene ha fatto ovviamente il presidente Mattarella a resistere al disagio e a scappare via non appena il barcone italiano è passato: in rispetto dei nostri atleti e della nostra bandiera. La lezione può servire per comportarsi diversamente in altri contesti.

Sulle vicende della diplomazia e dei grandi poteri europei forse sarebbe più opportuno non presentarsi ad una messa in scena così platealmente offensiva nei confronti dei propri ospiti, o se preferite dei propri alleati. Occore spiegare a Macron che oltre alla «sorellanza», esiste il rispetto dei propri partner.

Nicola Porro

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