Missione finalmente compiuta. Dopo 15 mesi di guerra e trattative diplomatiche incessanti, è arrivato il via libera del Gabinetto per la sicurezza israeliano all'intesa per un cessate il fuoco a Gaza, la seconda da quando il conflitto è esploso il 7 ottobre 2023 (la prima risale a novembre 2023). A seguire il voto del governo, il cui esito favorevole è ora scontato.
L'accordo sarà attuato a partire da domani, con il rilascio dei primi ostaggi israeliani (tre donne) e lo stop ai combattimenti, dopo che a Doha, quando in Italia era notte, Hamas, Israele, Stati Uniti e Qatar hanno firmato l'intesa. È una giornata storica per Israele e per Gaza, con la probabilità che l'accordo, se attuato senza intoppi, riporti a casa i primi 33 dei 98 ostaggi ancora nella Striscia, in cambio dei primi 95 di circa 1700 detenuti palestinesi. In attesa della tregua ieri altre cento persone sono rimaste uccise a Gaza, portando i morti nella Striscia a quasi 47mila. Per il premier del Qatar, Al Thani, mediatore nelle trattative, il cessate il fuoco «è l'ultima chance per la Striscia». Per il capo del Moassad, David Barnea, che ha parlato al Gabinetto di sicurezza, si tratta di un «debito morale da pagare», «la cosa giusta da fare eticamente e moralmente».
Eppure, quella appena concordata, potrebbe rivelarsi una pausa di appena sei settimane. Come ha riferito il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu durante la riunione di Gabinetto, probabilmente per convincere i più riottosi a dare il via libera all'intesa, Israele «ha ricevuto garanzie inequivocabili da entrambi i presidenti Usa, sia Biden che Trump, che se i negoziati sulla fase due dell'accordo falliranno e Hamas non accetterà le richieste di sicurezza, l'Idf tornerà a combattere intensamente a Gaza con il sostegno degli Stati Uniti». Nel sedicesimo giorno di tregua, le parti dovrebbero infatti tornare a discutere la seconda delle tre fasi dell'intesa, che sembra ancora del tutto in aria.
Netanyahu ha tentato così di convincere i più dubbiosi, specie dopo il chiaro avvertimento del suo ministro della Sicurezza nazionale, Itamar Ben Gvir, che da giorni annuncia le sue dimissioni e quelle dei 6 deputati del suo partito, Potere ebraico, perché ritiene l'accordo «disastroso» e che ieri ha invitato gli «amici del Likud», il partito del premier a votare contro. «Se fino a ieri ero inorridito da questo accordo, oggi quando viene rivelato che terroristi con l'ergastolo vengono rilasciati a Gerusalemme, in Cisgiordania, quando tutti sanno che cercheranno di fare di nuovo del male e a uccidere di nuovo, mi prende l'ansia», ha scritto su X il ministro Ben Gvir. Sia lui che il ministro delle Finanze, Bezalel Smotrich, entrambi esponenti dell'estrema destra che sostiene ed è sostenuta dai coloni israeliani, hanno votato contro l'accordo nel Gabinetto di Sicurezza. Ma l'intesa è passata comunque a larga maggioranza.
La fase uno dell'accordo, che durerà sei settimane (42 giorni) sembra dunque ormai una certezza. Forti dubbi si annidano invece sulla fase due, tanto che molti si dicono certi che si tratterà solamente di un cessate il fuoco temporaneo e non permanente. Eppure anche gli esponenti più ortodossi del governo si sono espressi a favore. «Non esiste comandamento più importante che salvare la vita degli ostaggi», ha detto Yitzhak Goldknopf, di Giudaismo della Torah, che prima del pronunciamento dell'esecutivo, pur di far approvare l'intesa per il cessate il fuoco, con altri ministri ha deciso di lasciare indicazione di voto al segretario di gabinetto, sapendo che le discussioni si sarebbero prolungate di shabbat (il sabato in cui gli ebrei sono tenuti ad astenersi dal lavoro e che comincia al tramonto di venerdì). Attraverso dei bigliettini, gli ortodossi hanno fatto sapere di essere favorevoli all'intesa.
Chi si dispera per l'incertezza dell'attuazione della seconda fase sono i familiari degli altri ostaggi, che potrebbero rimanere appesi a nuovi mesi di trattative, con il rischio
che il conflitto riparta. La situazione rischia di complicarsi, anche perché «il rafforzamento della sicurezza in Cisgiordania farà parte degli obiettivi di guerra di Israele dopo l'accordo», riferisce la tv pubblica Kan.
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