Speriamo che dietro i dossieraggi non ci siano "manine" estere

La faccenda della centrale di dossieraggio allestita nel quartier generale della Direzione nazionale antimafia a disposizione del miglior offerente finirà in una bolla di sapone. Ma sulla scena italiana si muovono gruppi editoriali la cui proprietà ha rilevanti interessi all'estero

Speriamo che dietro i dossieraggi non ci siano "manine" estere
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Probabilmente ha ragione Paolo Mieli, uomo che di mestiere studia come gira il mondo: la faccenda della centrale di dossieraggio allestita nel quartier generale della Direzione nazionale antimafia a disposizione del miglior offerente finirà in una bolla di sapone. In Italia funziona così, quando la faccenda è seria il finale è in farsa, soprattutto se parliamo di vicende che vedono al centro il mondo della giustizia collaterale a quello ufficiale. Nessuno, salvo Licio Gelli ma per altro reato, è stato condannato per la Loggia P2 sciolta nel 1982; è finito a tarallucci e vino lo scandalo del sistema Palamara (dieci anni di giustizia politicizzata che ha inquinato la democrazia) e stessa fine ha fatto l'inchiesta sulla presunta Loggia Ungheria che sembrava essere il caso del secolo in quanto a intrecci clandestini tra poteri dello Stato.

In tutte queste vicende il giornalismo ha giocato un ruolo fondamentale. Come ha detto ieri il presidente Mattarella, la libertà di stampa è sacra, ma - aggiungiamo noi - il ruolo della stampa non sempre è chiaro e trasparente. In alcuni casi il giornalismo d'inchiesta è riuscito a scoperchiare pentoloni, ma il più delle volte ci ha trovato dentro non pochi colleghi che in quel brodo sguazzavano al servizio di questo o quel potentato occulto. Insomma, il confine tra la segretezza delle fonti di un giornale e la complicità con esse in un disegno politico da perseguire anche attraverso l'illegalità è assai labile e per questo da prendere con le molle.

Ma fin qui nulla di particolarmente nuovo. La novità semmai è che sulla scena italiana da qualche anno si muovono gruppi editoriali assai agguerriti e ben introdotti nella zona grigia di cui sopra, la cui proprietà ha rilevanti interessi all'estero, in alcuni casi in contrasto con quelli dell'Italia.

L'editore del Domani, al centro di quest'ultimo presunto scandalo, ha addirittura passaporto svizzero; John Elkann, editore di La Repubblica e La Stampa, è americano di nascita e nel business certamente molto vicino ai francesi. Mi fermo qui, speranzoso che almeno il gioco sporco contro questo governo e il suo ministro della Difesa sia fatto in casa e non suggerito, o nell'interesse di qualcuno fuori dai nostri confini.

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