I Tabligh Eddawa sono seduti mentre leggo loro alcuni versetti del Corano: “Getterò il terrore nel cuore dei miscredenti. Colpiteli tra capo e collo: non siete certo voi che li avete uccisi, è Allah che li ha uccisi”. Hamid sorride. Gli altri ascoltano con indifferenza. “Quei versetti – spiega l'imam - riguardano solo il periodo in cui sono stati dettati da Allah a Maometto, non sono rivolti a noi oggi”. Non possono, insomma, giustificare il terrorismo.
Sicuramente sarà corretto. Ma se fosse davvero così facile derubricare in tal modo quelle frasi, il delicato problema del jihadismo islamico sarebbe già risolto. Basterebbe delegare un'autorità ad indicare chiaramente quali versetti coranici sono da interpretare e quali da applicare alla lettera. Ma è proprio su questo punto che la discussione con Hamid si arena. “Chi può interpretare il Corano? Nessuno, o solo pochi sapienti potevano”, si affretta a precisare. E così, mancando un "Papa" legittimato a spiegare ai fedeli il modo corretto di leggere il libro sacro, nessuno può negare ai kamikaze il diritto di dedicare ad Allah il sangue che scorre nelle città europee.I Tabligh sono restii ad analizzare il terrorismo. È un tema scottante, che investe la sfera della politica, dell'orgoglio personale, del rapporto con i cristiani e con le altre religioni del libro. Sia chiaro: i musulmani itineranti non sostengono il jihad. Durante i tre giorni vissuti con loro (guarda il video), infatti, mai una parola è stata spesa in favore della lotta agli infedeli. "Uccidere è il più grande dei peccati", spiega Maufakir mentre cucina il cuscus: un fedele piò impugnare le armi solo per “combattere chi ci impedisce di professare la nostra fede”. E poiché in Italia non è vietato praticare il Ramadan, non è lecito sposare la causa terrorista.
“Il terrorismo? Un complotto massonico"
Eppure, l'atteggiamento del gruppo di islamici radicali è duplice. Da una parte condannano senza mezzi termini gli attentati; dall'altra, non nascondono una vena di complottismo sull'origine del jihadismo. Un comportamento che tende a spostare le responsabilità dal mondo islamico a quello occidentale. Negano, infatti, che le bombe siano diretta espressione di una ideologia che trova nel Corano il suo testo di riferimento: “Gli attacchi – spiega Jaouad – non sono opera dei musulmani. È tutto costruito: c'è qualcuno dietro... ”. Di fronte ai microfoni, nessuno si sbilancia sugli autori di questo presunto complotto e l'attenzione si sposta sui media, accusati dai Tabligh di falsificare i video degli attentati: “Io non ho mai visto un musulmano uccidere – sbotta Jaouad – queste cose le trasmette solo la televisione, finché non le vedrò con i miei occhi non ci crederò”. Poi, pensando che la telecamera fosse spenta, aggiunge: “Dietro il terrorismo islamico c'è la massoneria".
Ecco. Stupisce il modo in cui minimizzano le responsabilità dell'islam. Più volte Hamid ripete che le colpe dei singoli non possono ricadere sulle spalle di tutta la religione. Ed è vero. Ma dirottarle sui media non aiuterà a sconfiggere il cancro jihadista. Il mondo musulmano ha commesso, oppure no, degli errori? Anche solo di sottostima del problema terroristico?
“Voglio raccontarti un episodio successo realmente – prende allora la parola Muhammad -: un brav'uomo un giorno ha gettato un secchio di acqua bollente in un tombino e subito dopo un demone ha preso possesso del suo corpo. L'esorcista mi disse che versando l'acqua, quell'uomo aveva interrotto un matrimonio tra demoni scatenando la loro ira. Lui urlava, si gettava a terra, attaccava i fratelli e le sorelle. Era impazzito. Non poteva più controllare le sue azioni”.
Ci è voluto un po' per capire il significato del
racconto, ma credo Muhammad intendesse dire che chiunque può produrre il male se posseduto dal demonio. Il terrorismo, insomma, sarebbe solo ispirato dal maligno. Non il prodotto naturale della religione, né un comando di Allah. In questo ragionamento rientra anche la nascita dell'Isis (il cui Califfo per i Tabligh è “criminale” e “da sconfiggere”): Daesh non è visto come metastasi di un tumore nato all'interno dell'islam, ma come qualcosa di eterodiretto. Una pedina politica delle potenze straniere. “Per me – sentenzia Jaouad – l'Isis è una organizzazione criminale organizzata da qualche furbetto che cerca di sporcare la faccia dei musulmani”. Furbetto chi?, provo a chiedere. “Dovresti indagare – risponde sicuro – Daesh è una cellula americana”. Dalla massoneria agli Usa, alla fine l'islam non è mai colpevole.
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