È passato un secolo - mese più, mese meno - dalla marcia su Roma, ma il tema fascismo continua regolarmente a scatenare polemiche. L'ultimo caso riguarda il mercato coperto di Perugia, la città da dove partì la marcia. All'interno del Mercato, su un muro, sono ricomparsi, dopo un restauro, il grifo, simbolo perugino, e un fascio littorio.
Il murale fu dipinto nel 1932 ed è tornato alla luce a luglio. Già allora si era acceso un vivo dibattito tra chi ne chiedeva la rimozione e chi invece proponeva di conservarlo. Oggi sul tema interviene anche Tomaso Montanari, coinvolto di recente in un'aspra diatriba per via di una serie di affermazioni che sminuiscono la tragedia delle foibe. In un commento sul Venerdì di Repubblica, il rettore dell'Università per Stranieri di Siena scrive: "Cosa si dovrebbe fare? Quello che si farebbe, per esempio, in Germania con una grande svastica dipinta in un luogo pubblico". Montanari propone tre soluzioni: "La prima è staccare quel dipinto dal muro e portarlo in un museo. La seconda è lasciare la pittura in loco e nasconderla. Infine la soluzione più coraggiosa: Commissionare un grande murale di immagini e parole antifasciste che contestino quel piccolo, sporco fascio: che lo vilipendano, lo mettano alla gogna, lo additino al disprezzo che merita. per spiegare chi vogliamo essere: antifascisti per sempre". E conclude col botto: "Mai come oggi, con le fogne così clamorosamente riaperte, è necessario è urgente". A sostegno della proposta del rettore interviene Nicola Fratoianni, leader di Sinistra Italiana: "La tutela dei beni architettonici e storici non può giustificare addirittura il ripristino di simboli del regime fascista. Il fascio littorio è il simbolo del fascismo e riporta alla memoria quel regime autoritario che ha drammaticamente segnato la storia del nostro Paese e che andrebbe condannato in modo unanime e non celebrato esponendone i simboli in pubbliche piazze e negli edifici delle città".
Le parole di Montanari hanno suscitato anche reazioni meno benevole. Il primo a rispondere è Alessandro Campi, professore di Scienza politica all'università di Perugia, che su Facebook scrive: "Montanari non se ne rende nemmeno conto, ma si rivela essere un autentico e pericoloso squadrista del pensiero: rosso anziché nero". Gli fa eco Massimo Fini: "La richiesta è assurda, lasciare le insigne fasciste non significa che siamo tornati fascisti". Ignazio La Russa si affida allo strumento dell'ironia: "Perché spostarli? I fasci littori scoperti a Perugia vanno distrutti con la dinamite". E, siccome si parla d'arte, non poteva mancare l'intervento di Vittorio Sgarbi:"Fratoianni non faccia il talebano e li lasci lì dove stanno - conclude lo storico dell'arte - Secondo me non gliene frega un c....o a nessuno".
Nella polemica si inserisce anche Edoardo Sylos Labini, fondatore del Movimento Culturaidentità: "Rimuovere i fasci littori trovati durante i restauri al Mercato coperto di Perugia? Le opere d'arte, di qualunque matrice siano, non si toccano", dice in un'intervista con l'Adnkronos. "La proposta di Fratoianni - prosegue - ricorda molto quello che i talebani hanno fatto e stanno facendo oggi nei confronti dell'arte in Afghanistan".
E conclude: "Fratoianni, come Celestini e tutta la sinistra italiana, sembrano i protagonisti di 'Underground' di Kusturica, sono cioè rimasti nei bunker della seconda Guerra mondiale. La sinistra italiana è senza identità culturale e senza riferimenti, e quindi cerca fascismi ovunque".
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