Nella giornata mondiale dedicata alle donne vittime di violenza, la fondazione pontificia Aiuto alla Chiesa che soffre pubblica un rapporto intitolato "Ascolta le sue grida", su “Rapimenti, conversioni forzate e violenze sessuali ai danni di donne e bambine cristiane”. Un vero e proprio strumento operativo per spingere politici, funzionari pubblici ecclesiastici, giornalisti e ricercatori a mettere in campo interventi urgenti per arginare un fenomeno che in Nigeria, ad esempio, ha assunto le proporzioni di un vero e proprio genocidio.
"Sono stata torturata e violentata. I miei aguzzini hanno filmato le sevizie infertemi e mi hanno ricattata minacciando di diffondere il video. Sono quindi stata costretta a firmare un documento in cui dichiaravo di essermi convertita e di aver sposato il mio rapitore. Se avessi rifiutato di farlo, avrebbero ucciso i miei familiari", racconta Maira Shahbaz, la ragazzina cristiana pachistana, che ha firmato la prefazione del dossier. Storie come la sua sono centinaia in Pakistan, ma quelle che vengono portate all’attenzione delle forze dell’ordine e dei giudici sono soltanto la punta dell’iceberg.
Spesso, infatti, come succede nel Paese d’origine di Maira Shahbaz, i cristiani non hanno mezzi per far sentire la propria voce. E poi, le pressioni esercitate sulle vittime, le minacce di ritorsioni da parte dei rapitori, la scarsa collaborazione da parte delle istituzioni locali nel far luce sui casi, rendono difficile quantificare il fenomeno, che riguarda soprattutto i Paesi a maggioranza musulmana come Egitto, Iraq, Mozambico, Nigeria, Pakistan e Siria. È da qui che arrivano le centinaia di denunce raccolte dalla fondazione, che raccontano le storie di bambine e ragazze cristiane ridotte in schiavitù e costrette a convertirsi sotto minaccia, anche di morte.
Secondo il rapporto di Aiuto alla Chiesa che soffre, tra tutte le appartenenti alle minoranze religiose, proprio le giovani donne cristiane sono tra le più esposte agli attacchi. Persecuzioni e violenze hanno trovato terreno fertile durante i lockdown imposti dalla pandemia di Covid, ma anche nelle situazioni di conflitto, come è successo durante la conquista di alcune aree di Iraq e Siria da parte dei miliziani jihadisti dell’Isis oppure in Mozambico. Dietro le angherie subite dalle giovani donne cristiane, si legge infine nel rapporto, spesso c’è l’obiettivo di "limitare la crescita, e a volte la sopravvivenza stessa, del gruppo religioso delle vittime".
E i soprusi a sfondo religioso non mancano neppure a casa nostra, come dimostrano i fatti di cronaca più recenti, come quello della 14enne bengalese di Ostia, picchiata e minacciata dalla sua stessa famiglia perché si rifiutava di indossare il velo.
O peggio, la vicenda di Saman Abbas, la ragazza di origine pakistana scomparsa da Novellara in provincia di Reggio Emilia dopo essersi ribellata al matrimonio combinato voluto dai genitori nel suo Paese d’origine, e mai più tornata a casa.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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