Il trucchetto sui vani che può svilire il mattone

Ogni anno, in questa epoca, il Consiglio dei ministri si riunisce per approvare la Nota di aggiornamento al Documento di Economia e finanza o Nadef

Il trucchetto sui vani che può svilire il mattone

Ogni anno, in questa epoca, il Consiglio dei ministri si riunisce per approvare la Nota di aggiornamento al Documento di Economia e finanza o Nadef (acronimo delle quattro parole del suo titolo), che viene varato in estate - prima delle ferie - e che ha per scopo di stabilire le grandi linee in cui si deve muovere la manovra di finanza pubblica di fine anno, per quanto riguarda il livello del debito pubblico in rapporto al Prodotto interno lordo (Pil) e il livello del deficit del bilancio dei tre anni successivi, ossia il 2022-2023 e 2024, nonché il livello della pressione fiscale in rapporto al Pil.

Questo autunno ci porta una pessima notizia, ossia la riforma del catasto, che potrebbe generare una stangata per la proprietà immobiliare, mediante due operazioni-trucco: il passaggio dai vani ai metri quadri, assumendo come immobile campione un appartamento dell'ultima generazione, che ha la cucina soggiorno e camere microscopiche; facendo entrare in gioco anche gli ingressi e i corridoi, che con il catasto per vani non erano considerati e non si comprende perché dovrebbero esserlo ora, dato che non fanno parte dell'abitazione.

Va anche aggiunto che questo aumento di onere per la proprietà immobiliare colpisce il ceto medio e medio piccolo, che investe in immobili per avere un reddito sicuro; danneggia le famiglie con più figli; genera una particolare ferita alla tutela degli immobili storico artistici, i quali hanno vani ed ingressi molto più ampi di quelli attuali ed invita i loro proprietari a trascurarne la manutenzione, in modo da generare una situazione in cui, a causa di cedimenti e mancati restauri, essi possono essere trasformati in edifici funzionali ultra moderni. Che intende fare il ministro dei Beni culturali di fronte a ciò?

L'aumento della tassazione degli immobili ne ridurrebbe il valore e ciò danneggerebbe anche le banche che li hanno a garanzia dei crediti. L'industria edilizia subirebbe un grave danno perché, invece che investire, si disinvestirebbe nel mattone. Non è vero che quando un catasto è vecchio esso va aggiornato. Nella teoria di Luigi Einaudi è vero il contrario. L'ottima imposta basata sul catasto, esonerando le migliorie, premia la produttività. I valori catastali, pertanto, debbono riflettere quelli del passato. E ciò vale sia per il catasto agricolo che per quello edilizio.

Di fronte a ciò impallidiscono le buone notizie riguardanti la crescita del Pil che era stata stimata al 4,5% e sale al 6%, con 1,5 punti in più: un tesoretto di circa 22-23 miliardi. Se non fossero spesi, ma fossero impiegati per migliorare il bilancio, ciò comporterebbe una diminuzione del deficit/Pil 2022 dal 5,6% al 4,4%; al 3,9% nel 2023 e al 3,3 nel 2024. Il debito però, nonostante il miglioramento del deficit (anche se ancora sopra il 3%), rimarrebbe a un livello mostruoso, che dipende in parte dalla pandemia, ma soprattutto dal modo con cui si sono comportati i governi Pd al potere dal 2012 sino a due anni fa.

Con Berlusconi, nel 2011, il debito/Pil era al 111%, giudicato eccessivo. E peraltro, con una manovra di graduale cessione all'economia di mercato di beni del patrimonio pubblico, esso poteva scendere attorno al 100% del Pil. Invece, coi governi a guida Pd il debito/Pil è arrivato al 134%. E ora viene stimato dalla Nadef al 153,5%, mentre nel Documento di economia e finanza dell'estate era il 155,6%. Il miglioramento, dovuto alla crescita del Pil maggiore del previsto, è notevole. Ma con un debito sopra il 150% siamo ancora sull'orlo del burrone.

Il governo Draghi pende troppo a sinistra, come si vede non solo dalla proposta sulla proprietà immobiliare, ma anche dalle concessioni eccessive ai 5 Stelle per il reddito di cittadinanza e la nazionalizzazione di Autostrade per l'Italia (che andava punita, ma non tirata fuori dal suo contratto) e al Pd, che ha caldeggiato questa soluzione e ha sostenuto una linea pericolosa di nazionalizzazioni anche per l'Ilva di Taranto, assegnata a Invitalia.

L'impresa pubblica potrebbe avere una quota del 20% e il resto potrebbe essere di imprese private italiane, specializzate nella decarbonizzazione della produzione di acciaio. Il governo non ha neanche trasformato Ferrovie dello Stato e Anas in imprese che si finanziano sul mercato, così riducendo il ricorso al debito pubblico. Un programma liberale qui non si vede.

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