Il consigliere della Corte dei Conti, Salvatore Tutino, si tira indietro: all'improvviso, infatti, arriva la decisione definitiva di ritirarsi dalla corsa per ricoprire il ruolo di nuovo assessore al bilancio del comune di Roma, posto ormai vuoto dai primi di settembre.
A far cambiare idea al magistrato, che fino a poco prima si era detto disponibile, è l'accusa di far parte della casta che alcuni esponenti grillini gli hanno rivolto, in seguito ad un episodio avvenuto nel 2013.
"Non posso accettare -spiega all'Adnkronos Salvatore Tutino- accuse totalmente infondate e prive di ogni elemento di verità. Avevo dato la mia disponibilità consapevole delle difficoltà e dei rischi che l'impegno avrebbe comportato. Ma pensavo a difficoltà legate all'impegnativo lavoro che mi sarei trovato ad affrontare come assessore al bilancio della Capitale".
"Invece da diversi giorni sono sulla graticola sottoposto a esami surreali - contniua Tutino - Sono diventato oggetto di una contesa in cui, più che i curricula, contano le illazioni e dove le falsità e le beghe di una certa politica fanno aggio su professionalità e impegno. Gli attacchi, del tutto ingiustificati, da parte di esponenti della forza politica che dovrà sostenere le scelte della giunta, minano alla base ogni possibilità di un proficuo lavoro".
E conclude: "Perciò, nel ringraziare la sindaca per la considerazione, ritiro la mia disponibilità a fare l'assessore al bilancio. Continuerò, con serenità e rinnovato impegno, a dare il mio contributo alla Corte dei conti".
L'episodio ai cui gli esponenti grillini, tra cui Roberto Fico, fanno riferimento è una riunione del consiglio dei ministri del 21 dicembre 2013 - poco prima che entrasse in vigore la legge di Stabilità che stabiliva un tetto alle pensioni d'oro - in cui il governo nominò oltre a Tutino altri consiglieri ai quali però non si sarebbe applicato il tetto massimo previsto dalla nuova legge.
Ciò scatenò la reazione indignata del Movimento 5Stelle, tra cui Ruocco e Castelli che insorsero: "Ecco perché il Cdm si è riunito in fretta e furia, doveva nominare cinque esponenti della casta perché prendessero la poltrona prima della legge di Stabilità".
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