Voleva dimostrare agli affiliati della cosca quanto fosse grande. Ammazzare degli uomini era la prova di forza. E la punizione da infliggere a due soggetti del clan aveva rappresentato il momento propizio “per dare l’esempio”. A 15 anni normalmente ad affollare i pensieri sono la scuola, le uscite con gli amici, gli innamoramenti. Per il minorenne arrestato oggi c’erano anche le armi e i conti da regolare dentro e fuori la consorteria criminale di appartenenza.
Le indagini dei carabinieri del Nucleo Investigativo di Castello di Cisterna e della tenenza di Melito hanno portato a far emergere che il giovane sarebbe stato la mente e il braccio dell’uccisione di due soggetti considerati affiliati al clan Amato-Pagano, la “famiglia” operante nel controllo degli affari illeciti a Melito e nei comuni limitrofi, in provincia di Napoli. Nei suoi confronti i militari dell’Arma hanno dato esecuzione a un’ordinanza emessa dal gip del tribunale per i minorenni di Napoli su richiesta della locale procura. I reati contestati sono omicidio aggravato da finalità mafiose e detenzione e porto illegale di armi da guerra. Il ragazzino, dopo le formalità di rito, è stato accompagnato al Centro di prima accoglienza dei Colli Aminei, a Napoli.
Oggi l’indagato ha 16 anni e si ritiene che rappresenti addirittura un elemento di spicco del clan. È passato quasi un anno dal duplice omicidio di cui è accusato, quello di Alessandro Laperuta e Mohamed Nuvo, ammazzati il 20 giugno del 2016 in un appartamento al quarto piano di uno stabile di Melito. Gli inquirenti hanno accertato che il rampollo sia il mandante e l’autore di quelle uccisioni.
La colpa delle vittime? Prendevano autonomamente iniziative non confacenti alla strategia del gruppo camorristico. Per questo “meritavano” di essere punti. E a castigarli con la morte ci avrebbe pensato un ragazzino che all’epoca aveva solo 15 anni.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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