"Uxoricidio non è ergastolo". La sentenza che scatena le polemiche

Il presidente della Corte d'assise di Brescia, Roberto Spanò, lo scrive nelle motivazioni della sentenza di condanna a 24 anni di carcere per Gianluca Lupi, il 43enne che l'8 maggio 2020 uccise a coltellate a Milzano la compagna e madre di tre figli Szuzsanna Mailat

Szuzsanna Mailat è stata uccisa dal marito in casa
Szuzsanna Mailat è stata uccisa dal marito in casa

Davanti al banco del collegio giudicante l’accusa aveva chiesto l’ergastolo, il fine pena mai. Del resto l’imputato aveva ucciso la compagna mentre in casa c’erano i tre figli, uno dei quali affetto da grave disabilità. alla fine, però, la Corte d’Assise di Brescia ha deciso per una condanna a 24 anni di carcere perchè non “vi è nel vigente sistema un insuperabile argine normativo che imponga alla Corte di appiattirsi sull’equazione uxoricidio-ergastolo“. Come dire che uccidre la moglie davanti ai figli non può automaticamente garantire al carnefice la massima pena.

La sentenza che fa discutere

Potrebbe non esservi, alla luce dei principi di proporzionalità e di offensività su cui trova fondamento il potere discrezionale del giudice nella determinazione della pena“, ha sottolineato nelle motivazioni il presidente della Corte d’assise di Brescia Roberto Spanò. Così la sentenza di condana a 24 anni di Gianluca Lupi, 43enne che l’otto maggio 2020 uccise a coltellate a Milzano (Brescia) la compagna e madre di tre figli, Szuzsanna Mailat, è destinata a fare giurisprudenza. La coppia si stava separando e il giorno successivo la vittima avrebbe dovuto incontrare un avvocato. Suzy però a quell’incontro non sarebbe ma arrivata, ammazzata a coltellate in cucina con la figlia maggiore della coppia che provò a fermare il padre.

L'istruttoria e le motivazioni

Dall’istruttoria - si legge nelle motivazioni - è emerso che la gelosia provata dall’uomo nei confronti di un amico della compagna ha costituito l’elemento scatenante della furia omicida“. Queste le ragioni della Corte d’Assise di Brescia alla condanna più mite. Aggiungendo però che non si tratta di una patologia, negando cioè che il marito potesse soffrire di quel delirio di gelosia che aveva portato mesi fa all’assoluzione, firmata dallo stesso giudice Roberto Spanò, dell’insegnante in pensione che ammazzò la moglie e che tre consulenti certificarono soffrisse della patologia del delirio di gelosia. “Appare necessario non confondere i disturbi cognitivi con le episodiche perdite di autocontrollo sotto la spinta di impellenti stimoli emotivi; la liberazione dell’aggressività in situazioni di contingenti crepuscoli della coscienza con la violenza indotta dalla farneticazione nosologica“, ha proseguito il giudice che ha riconosciuto a Lupi le attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti arrivando così alla condanna a 24 anni contro l’ergastolo chiesto dal pubblico ministero. Nonostante la gelosia, non ci fu premeditazione.

Niente premeditazione

Ai fini della concessione delle circostanze attenuanti generiche dovrà tenersi conto, quanto alla intensità del dolo, che Lupi ha agito in base ad una reazione impulsiva e non invece con premeditazione, a differenza di quanto sovente accade in occasione di analoghe uccisioni perpetrate in

ambito domestico. Non è inoltre emerso - si legge - un quadro di pregresse violenze o di atti prevaricatori consumati ai danni della compagna“. Come dire che l’equazione uxoricidio-ergastolo è tutta da dimostrare.

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