Gli uffici sloveni chiudono alle 16. E i migranti restano in Italia

Le procedure in Europa ostacolano i rimpatri dall'Italia. Dal Dublino ai fotosegnalamenti, tutte le beffe per l'Italia

Gli uffici sloveni chiudono alle 16. E i migranti restano in Italia

"La riammissione immediata in Slovenia è possibile, ma tutto dipende dagli esiti del fotosegnalamento”. La voce del poliziotto è un misto di realismo e rassegnazione. La sua pattuglia ha appena fermato nove migranti irregolari alle porte di Trieste. Gli accordi bilaterali tra Roma e Lubiana permetterebbero il respingimento alla frontiera, ma non è così semplice. A incastrare gli ingranaggi della complessa macchina c’è un'antipatico granello di sabbia chiamato "burocrazia" (guarda qui il video).

La rotta balcanica è tornata di moda, inutile nasconderlo. Da gennaio sono già quasi 900 i clandestini intercettati. Per lo più afgani e pachistani che puntano al Vecchio Continente. Anche la Slovenia preoccupata dal rischio di una "intensificazione dei flussi" e in Bosnia sono fermi almeno 6mila clandestini pronti a partire verso il Belpaese. Salvini ipotizza di alzare muri, schiera più forze di polizia, avvia pattugliamenti congiunti, userà i visori notturni. Forse il flusso diminuirà. Ma il vero nodo non è tanto bloccare chi tenta di superare la frontiera, quanto riuscire ad espellere chi non ha diritto a rimanere in Italia. Magari evitando che a centinaia si trasformino in un salasso per il portafoglio dello Stato (e dei suoi contribuenti). "L’Italia può fare quello che la Francia già mette in atto a Ventimiglia e l’Austria al Brennero - spiega Claudio Giacomelli, avvocato e consigliere regionale in Fvg di Fratelli d’Italia - Possiamo schierare le nostre forze di polizia o l’Esercito per bloccare queste persone. È fondamentale prenderle nelle prime 24 ore oppure entro i 10 chilometri di retrovalico per riammetterli in Slovenia senza formalità consolari".

Bene. Ma se tutto questo è possibile, perché allora i respingimenti nel 2019 sono fermi a 129 (su quasi 900 ingressi)? Semplice: se il migrante fa richiesta d’asilo, l’Italia deve comunque farsene carico. A quel punto inizia una lunga trafila burocratica. Dal fotosegnalamento si aprono tre strade: se l’immigrato risulta già registrato in Slovenia, può essere subito riammesso; se il suo Eurodac lo mostra identificato in un altro Stato Ue (per esempio, la Croazia), il Belpaese avvia la procedura di Dublino per riportarlo nello Stato di primo ingresso; se invece la prima registrazione avviene proprio sul suolo nazionale, l’unica soluzione è quella di concedergli accoglienza. E valutare la sua richiesta di asilo.

Ora, vi chiederete: come è possibile che l’Italia risulti primo Paese di transito se lungo la rotta balcanica i migranti attraversano la Grecia, l’Albania, il Montenegro, la Bosnia, la Croazia e la Slovenia? "Nella migliore delle ipotesi sono sfuggiti - dice Massimiliano Fedriga, governatore del Friuli Venezia Giulia - Nella peggiore, invece, volontariamente li lasciano passare". L’Italia chiede da tempo un impegno serio da parte dei Paesi della rotta balcanica: le frontiere non possono essere così permeabili da far arrivare senza problemi i clandestini fino a Trieste, Gorizia o al Tarvisio. "La normativa europea è folle. Siamo già confine su mare e vogliono farci diventare confine su terra".

Prendiamo il caso della Slovenia. L’accordo bilalaterale c'è, i migranti potrebbero tornare rapidamente a Lubiana. Ma ci sono alcuni "però". "La cosa incredibile - lamenta Edoardo Alessio, dell'Fsp - è che abbiamo tempo solo fino alle 16 per consegnarli alla Slovenia, poi gli uffici chiudono e se non se ne fa nulla". Solo in alcuni casi l'orario viene esteso. "La loro procedura prevede gli orari di apertura degli uffici - sospira Fedriga - Hanno un'organizzazione diversa dalla nostra". Per carità, ognuno apre bottega quando vuole. Ma resta l'assurdità del sistema.

A complicare il tema rimpatri c'è l'immobilismo dell'Ue. "Sull'immigrazione deve muoversi su due fronti - attacca Fedriga - il primo, il controllo delle frontiere; il secondo, l'aumento dei rimpatri". Ad oggi tutte le politiche ideate ai piani alti di Bruxelles si sono rivelati un mezzo fallimento. "Ci sono Paesi come il Pakistan che non riconoscono i propri cittadini. L'Ue invece di dare sanzioni alla Russia, li dia al Pakistan e obblighi gli Stati extracomunitari a riammettere i propri cittadini entrati illegalmetne in Europa". Gli accordi ci sono, ma non vengono applicati.

"È questa l'unica vera misura per ridurre gli ingressi: i clandestini devono sapere che se entrano illegalmente in Italia o in Europa verranno rispediti nel proprio Paese". La prossima settimana Salvini e Fedriga si vedranno: sul piatto, oltre all'ipotesi del muro al confine, ci sono pure maggiori risorse per i rimpatri. Ma senza l'aiuto dell'Ue, sarà solo un "palliativo".

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