Con la nuova legge Gelmini intitolata "Norme in materia di organizzazione delle università, di personale accademico e reclutamento", si legge che "ai procedimenti per la chiamata non possono partecipare coloro che abbiano un grado di parentela o di affinità, fino al quarto grado compreso, con un professore appartenente al dipartimento o alla struttura che effettua la chiamata". In altre parole è vietato assumere i parenti. Ma le mogli? Dovrebbero essere incluse no? Come riporta il Corriere della Sera non è detto.
Nel 2012, due anni dopo l'approvazione della legge Gelmini, in Abruzzo una sentenza ha annullato un'assunzione all'università di Teramo. L'ateneo aveva giustificato l'incarico affermando che la legge non cita espressamente tra i parenti mogli e mariti. Il Tribunale rifiutò la giustificazione spiegando che "se l'affinità presuppone il coniugio, la ragione di incompatibilità riferita all'affinità (si badi, fino al quarto grado), a maggior ragione deve valere per il coniugio". In teoria il discorso si sarebbe chiuso qui. Ma siamo in Italia e, si sa, ci si prova sempre. Nell'università di Bari sono in arrivo dei bandi per assumere trentuno nuovi professori associati e il Collegio dei garanti ha sollevato il problema. Ha deciso di sciogliere le "incongruenze" che la legge Gelmini lascerebbe e il codice etico dell'ateneo.
Uvo Villani, presidente del Collegio, ha quindi inviato una lettera ai suoi colleghi invitandoli ad interpretare la legge nel modo costituzionalmente più corretto.
Al Corriere del Mezzogiorno ha poi spiegato che "sarebbe irragionevole il divieto per gli affini entro il quarto grado e non per il coniuge" anche perché "non posso chiamare in dipartimento il cugino di mia moglie, che magari non ho mai visto in vita mia, ma posso chiamare mia moglie. È una situazione assolutamente irragionevole".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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