Silvestri: "Uscire dall'isteria collettiva. Ecco i veri dati su Omicron"

Il professor Guido Silvestri spiega la vera portata di Omicron. E invita tutti a una maggior prudenza nel raccontare la pandemia

Silvestri: "Uscire dall'isteria collettiva. Ecco i veri dati su Omicron"

Non si possono contare le giravolte dei virologi, soprattutto quelli "canterini", nel corso degli ultimi due anni. Prima dicevano una cosa e, qualche mese dopo, il suo contrario. È successo con la letalità del Covid (si è passati dal dire che era una semplice influenza fino quasi a paragonarlo alla peste) e con il vaccino Astrazeneca. Si dirà che questa è la natura stessa della scienza, fatta di prove e controprove. È vero. Eppure esiste anche la prudenza. Nel suo libro, Pandemia, il premio Pulitzer Lawrence Wright immagina un virus che, improvvisamente, colpisce il mondo. La prima cosa che fanno le autorità politiche è di scegliere una persona, una e una sola, che parlerà a nome di tutti, per evitare errori nella comunicazione. Così non è stato da noi. Anzi: la comunicazione dei virologi, compresi quelli del Cts, ha creato spesso parecchia confusione.

Eppure, c'è qualcuno che ha saputo mantenere la barra a dritta nei marosi del Covid-19: stiamo parlando della pagina Facebook "Pillole di ottimismo", fondata e amministrata da Guido Silvestri, professore ordinario di Patologia Generale alla Emory University di Atlanta (Usa), e Chiara Barbieri Ardigò, Paziente esperto EUPATI, Unità per il coinvolgimento dei pazienti nei processi di ricerca, Az. USL-IRCCS Reggio Emilia. Nel corso di questi mesi, infatti, i due non hanno mai ceduto al sensazionalismo, ma si sono basati esclusivamente sui dati e sui numeri, andando talvolta a smussare gli allarmi dei colleghi. Nel suo ultimo post, Silvestri chiede più prudenza ai media affinché il nostro Paese "esca da questa ondata di isteria collettiva che sembra averlo preso in queste ultime settimane". Inutile e dannoso, per il professore, parlare di "tsunami Omicron", come hanno fatto diversi giornali riprendendo le parole di Maria van Kerkhove, responsabile tecnica dell'Oms per la pandemia, in un'intervista a El Pais. Quello che bisogna fare, ora, secondo il virologo, è guardare gli ultimi studi e i dati, i quali offrono tre spunti fondamentali.

Il primo: "La letalità calcolata di Covid-Omicron (in gergo tecnico: Infection Fatality Rate, cioè il rapporto tra numero dei decessi e numero dei casi osservati) sembra molto più bassa di quella delle varianti precedenti. Il dato dal Sudafrica su quasi 400.000 casi parla di 0.26% di letalità, paragonata al 2.5%-4.0% delle ondate precedenti. Questo nonostante la popolazione sia pienamente vaccinata solo al 26.3% (42% degli adulti). In accordo con questa osservazione, la pressione sulle terapie intensive del Sudafrica – un Paese da 60 milioni di abitanti – rimane bassa, con un totale di 546 letti occupati (molto meno che in Italia)". Se così fosse, ci potremmo trovare di fronte alla fine (o quasi) della pandemia, con un virus in grado di non fare "troppo male" all'uomo.

Secondo punto: "È di oggi (ieri, per chi legge quest'articolo, ndr) la notizia dello studio del National Institute for Communicable Diseases del governo sudafricano diretto da Nicole Walter e Cheryl Cohen, secondo cui il rischio di ospedalizzazione nei pazienti che hanno contratto Omicron è il 20% di quello osservato nei pazienti che avevano contratto Delta (per essere chiari, se il rischio di finire in ospedale per Delta fosse stato del 5%, per Omicron sarebbe del 1%). Nonostante lo studio utilizzi controlli storici (Delta è sparita dal Sudafrica adesso) l’analisi è stata fatta dopo aver corretto per età, sesso ed anamnesi positiva per aver contratto l’infezione in precedenza". Anche in questo caso, una buona notizia che dovrebbe farci vedere i giorni che stiamo vivendo - e che andremo a vivere - con un occhio diverso, più ottimista.

Terzo punto: "È dei giorni scorsi lo studio molto interessante della LKS Faculty of Medicine alla Università di Hong Kong, diretto da Michael Chan Chi-wai e John Nicholls, secondo cui la variante Omicron è più efficace nell’infettare le cellule delle alte vie respiratorie e dei bronchi ma meno efficiente nell'infettare quelle del tessuto polmonare profondo. Questo studio potrebbe rappresentare la base meccanistica della minore severità clinica osservata in Sudafrica, in quanto la polmonite interstiziale con danno alveolare diffuso e conseguenti complicanze sistemiche è l’elemento centrale nella patogenesi del Covid severo".

Buone notizie, seppur da prendere con le pinze, che vanno accolte e raccontate.

Affinché, come scrive Silvestri, si possa "suscitare nei media e soprattutto nei politici (ed in chi li consiglia) una discussione seria, pacata, pragmatica e basata sui fatti, sul come questi dati possano essere usati per rimodulare il nostro approccio legislativo e comunicativo alla pandemia".

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