Torna Guido Bertolaso. Richiamato in servizio in Lombardia, stavolta per organizzare la vaccinazione di massa della popolazione. Quando c'è da risolvere problemi, e da allestire una macchina complessa, si torna sempre a bussare alla sua porta, perché non è vero che «uno vale uno».
Ex capo della Protezione civile, medico, 71 anni, figlio di altissimo ufficiale dell'Aeronautica, Bertolaso ha collezionato incarichi operativi in ogni teatro d'emergenza, maturando un'esperienza senza eguali. Così, 10 mesi dopo la realizzazione dell'ospedale in Fiera, ora potrebbe tornare in campo in un altro momento cruciale. Due giorni fa è stato contattato dalla Regione: la vice presidente Letizia Moratti, in accordo col presidente Attilio Fontana, ha sondato la sua disponibilità a collaborare al progetto di vaccinazione dell'intera popolazione lombarda.
Il piano della Regione - ha fatto sapere ieri Palazzo Lombardia - «dovrà far seguito alla prima fase delle somministrazioni riservata a medici, operatori sanitari e non sanitari e agli ospiti Rsa». E la prima parte della campagna, partita il 4 gennaio (qualche giorno dopo le altre) ha già consentito di vaccinare 278.932 persone, impiegando il 73% delle dosi consegnate, con un forte recupero a metà mese e un rallentamento recente che fa i conti con la riduzione generale delle forniture.
A questi problemi dovrà far fronte Bertolaso una volta definito il suo incarico. Con l'annuncio diffuso ieri, intanto, la Regione ha reso noto che con lui «si è concordato di approfondire il confronto sulla possibilità di avviare una collaborazione in tal senso nei prossimi giorni». Comprensibile cautela, ma la cosa appare fatta. Tutto fa pensare che Bertolaso anche stavolta non si sottrarrà a questo destino da «novello Cincinnato», o da «signor Wolf», quel personaggio cult del cinema che si presentava così: «Risolvo problemi». Bertolaso risolve problemi e si prende pure le critiche, come accaduto quando è stato chiamato a Milano nel momento più drammatico dell'epidemia, per realizzare il Covid-hospital della Fiera. Ipotizzato il 10 marzo, il centro fu inaugurato il 31 proprio con l'apporto decisivo dell'ex capo della Protezione civile, che era stato «arruolato» a metà mese (pagato simbolicamente un euro) e aveva continuato a coordinare i lavori anche dall'isolamento imposto dal suo contagio e dalla sua malattia, poi superata.
Quell'ospedale era stato pensato quando lo spettro era un contagio dilagante anche a Milano e in grado di travolgere ogni resistenza delle strutture sanitarie. Grazie al lockdown quello scenario era stato in parte evitato, e così Bertolaso e Fontana sono stati sottoposti a una sorta di linciaggio assurdo, per la pretesa «inutilità» dell'opera. «Critiche che ho ascoltato in silenzio - ha rivelato due giorni fa Bertolaso a Civitanova Marche - pensando agli scenari che avremmo potuto incontrare in autunno».
Come previsto, il centro della Fiera è stato poi decisivo nel corso della seconda ondata, quando ha curato decine e decine di persone, mentre altre regioni - lo ha raccontato lui stesso - chiedevano progetti e modalità esecutive per provare a fare la stessa cosa. Qualcuno poi ha chiesto scusa per quella campagna ostile, ma Bertolaso era già altrove e - pur senza disdegnare qualche critica al governo per la generale disorganizzazione - era sempre al lavoro. Qualche settimana fa ha pubblicato il «ruolino» delle «consulenze» prestate in Italia: nelle Marche (per un ospedale simile) zero euro, in Umbria zero euro, in Sicilia zero euro.
E due giorni
fa ha pubblicato una sua foto a braccetto con Albert Bruce Sabin, grande medico polacco di famiglia ebrea, scopritore del vaccino contro la poliomielite che decise di non brevettarlo per permettere a tutti di vaccinarsi.
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