La trombosi dopo il vaccino? Gli esami per sapere se si è a rischio

Quali sono gli esami da eseguire prima della vaccinazione evitando così il rischio trombosi? Ecco un piccolo vademecum: in ogni caso, è fondamentale seguire le indicazioni del proprio medico curante

La trombosi dopo il vaccino? Gli esami per sapere se si è a rischio

La maggiore preoccupazione degli italiani, adesso, è non finire tra le statistiche dei rarissimi casi di trombosi dopo la somministrazione di un vaccino anti Covid-19, AstraZeneca o altro che sia.

Cosa fare prima della vaccinazione

Quelle documentate dal terzo Rapporto Aifa (qui il nostro pezzo), però, si sono tutte verificate a causa del siero anglo-svedese e sono in totale 11, di cui quattro decessi. È vero che il rischio è minimo, infinitesimale, ma avendo ormai appurato il nesso causa-effetto sarebbe bene che ogni singolo paziente facesse una valutazione accurata con il proprio medico (anamnesi) che lo aiuterà a scegliere quale vaccino è più adatto. "La situazione deve essere valutata dal medico che conosce il paziente. Ci sono alcuni test che si possono fare, anche costosi. Sono test tromboembolici con un costo ticket di circa 300 €. Altri sono indicati in questo documento", ha detto al Messaggero il Dott. Antonio Magi, presidente dell'Ordine dei Medici di Roma.

Ecco gli esami per la trombofilia

Il documento, che abbiamo allegato anche in coda all'articolo, descrive quali sono gli esami da effettuare per evitare ogni rischio: è indicato il tipo di esame, la descrizione, quando viene richiesto e, dopo aver ricevuto le analisi, qual è il significato di un risultato anomalo. Facciamo un esempio: l'esame per l'attività della Proteina C, un indice di infiammazione, è un test funzionale "per valutare pazienti con episodi trombotici ricorrenti; può trattarsi di una carenza o disfunzione acquisita o ereditaria" e sotto la voce "significato di un risultato anomalo" si legge che "la proteina C è implicata nella regolazione della coagulazione; una sua bassa attivtà correla con l’aumento del rischio trombotico". Questo è un esempio, fra i tanti, che può aiutare ogni paziente ad evitare ogni rischio e decidere con il proprio medico a quali esami sottoporsi prima della vaccinazione.

"Più trombosi dalle sigarette"

Veniamo ad AstraZeneca: è consigliato agli Over 60 ma non è nemmeno sconsigliato agli Under 60, ciò significa che teoricamente va bene per tutti "ma sempre con il controllo medico - afferma il Prof. Magi - se è volontario e poi ha una sindrome per cui è predisposto alla trombosi, è una sciocchezza". In ogni caso, il rischio di eventi trombotici rimane minimo e se si mettono a confronto "quante trombosi venose dà una sigaretta e quante sono state provocate dai vaccini, non c'è paragone". Detto questo, è vero che nel nostro Paese non si può ancora scegliere il vaccino (come avviene, ad esempio, in Serbia), ma se si è predisposti per una patologia sarà il proprio medico che dovrà necessariamente indirizzare la vaccinazione verso un siero piuttosto che un altro. "Sono diversi i vaccini, quelli vettoriali (Astrazeneca e J&J) e a RNA messaggero. Il problema è che il medico deve fare una anamnesi accurata. Deve capire se il paziente può fare il vaccino e se ci sono delle controindicazioni cliniche (ovvero se ha delle patologie, sintomi o terapie che possono favorire la trombosi). Il medico dovrà decidere anche sulla base di analisi e test. Non può essere presa in considerazione solo l'età o l'esposizione al rischio, ma è necessaria l'analisi clinica", sottolinea Magi.

Johnson&Johnson, martedì la risposta

Intanto, dovremo aspettare ancora pochi giorni prima di sapere se anche il vaccino Janssen sarà consigliato ad una fascia specifica di popolazione, bloccato del tutto oppure avrà il via libera: il Comitato consultivo per le pratiche di immunizzazione dei Centri statunitensi per il controllo e la prevenzione delle malattie (Cdc) deve continuare a raccogliere dati prima di fornire ulteriori indicazioni su questo vaccino sospeso a seguito di alcuni casi di trombosi. "Abbiamo bisogno di sapere qual è la dimensione del problema", ha spiegato il dottor Kevin Ault, professore e direttore di divisione presso l'Università del Kansas.

"Cercheremo nei database che i Cdc hanno a disposizione per sapere qual è il comune denominatore: sono solo le giovani donne o il fenomeno riguarda l'intera popolazione che è stata vaccinata? Avremo una discreta quantità di dati solo in nove o dieci giorni", ha concluso.

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