Chi vorrebbe che il denaro contante, a mano a mano, sparisse dalla scena pubblica, può, almeno da qualche giorno, annoverare tra i suoi "avversari" ideologici un'istituzione di tutto rispetto: il Vaticano che, per interpretazione estensiva, si è schierato in difesa dell'utilizzo del denaro per come lo abbiamo conosciuto sino a questo momento.
Per essere più precisi, è stata La Civiltà cattolica, storica rivista dei gesuiti diretta da padre Antonio Spadaro, ossia dal consacrato che molti ritengono il consigliere più fidato del pontefice argentino, in specie su argomenti complessi come quello in oggetto, a prendere posizione sul dibattito che riguarda l'evoluzione della forma del denaro.
Il titolo dell'approfondimento pubblicato nel numero mensile, già di per sé, basterebbe a circoscrivere il pensiero di chi ha scritto, cioè l'economista francese Etienne Perrot. Parlando di "pericoli politici ed antropologici di una società senza contante", l'accademico transalpino ha lasciato intendere come, quando si parla di cancellazione della valuta fisica, si debbano tenere in considerazione dei rischi articolati.
Dopo una lunga premessa riguardante le monete, Perrot giunge a qualche prima conclusione: "Pretendere che la scomparsa del contante sia sostenuta da tutti è una conclusione affrettata, generalizzando l’opinione forse maggioritaria. Peggio ancora, significa confondere l’ideale tecnocratico con il bene comune di tutti", ha affermato l'economista, dopo l'introduzione al suo complesso ragionamento. Perrot ha anche spiegato come debba essere ritenuto "superstizioso" confidare nel fatto che l'abolizione progressiva del denaro contante mini alla base i meccanismi capaci di alimentare truffe, evasione e così via.
Papa Francesco, nel corso di questi quasi nove anni di pontificato, ha spesso affrontato l'argomento "denaro". Nella chiave di lettura offerta al mondo dal Santo Padre, è l'economia del dono che dovrebbe guidare i potenti nelle loro scelte quotidiane ma, rispetto alla dottrina cristiano-cattolica, è chiaro che la riflessione presentata dalla rivista dei gesuiti offre ulteriori possibili interpretazioni: anzitutto, se è vero che chi vorrebbe l'abolizione del danaro contante risiede nella stigmatizzata "tecnocrazia", è vero pure che la Chiesa cattolica di Bergoglio ha spesso giocato sull'altro lato di campo, quello degli anti-tecnocrati. E la presa di posizione di Perrot può rientrare in modo naturale all'interno di questo schema.
Il macro-tema che viene sollevato riguarda la povertà e lo sfruttamento di coloro che l'ex arcivescovo Buenos Aires, all'interno della sua pastorale, ha definito gli abitanti delle "periferie economico-esistenziali". Perrot sostiene infatti che esistano "attivisti che lavorano per l'abolizione del contante" che "non sembrano tanto motivati dalla modernizzazione del sistema di pagamento quanto dallo sfruttamento personale, commerciale o statale di dati privati: sfruttamento operato da tecnocrati che non hanno alcun riguardo per la vita privata o per la volontà dei consumatori, dei deboli e degli esclusi, e ancor meno per chi non sa usare i dispositivi digitali". Insomma, l'establishment, come si è usato dire sino a qualche tempo fa, tutto avrebbe a cuore tranne che le esigenze concrete degli emarginati, che andrebbero ancora più in crisi nel caso il denaro contante venisse abolito. E poi ci sono le ragioni geopolitiche.
Tra i vari esempi presentati, Perrot fa presente come, dal punto di vista evolutivo, sia la
Cina ad avvicinarsi ad un sistema dove il contante riveste una dimensione minoritaria. E l'Occidente, per l'accademico, dovrebbe insomma ragionare con categorie culturali diverse rispetto a quelle del "dragone".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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