Ora è alta tensione al confine. L'onda d'urto scatena la paura

Allestita a Ventimiglia la prima unità mobile per fare i tamponi a chi arriva dalla Francia. Ma le autorità non sanno ancora chi farà i test e i commercianti temono meno incassi

Ora è alta tensione al confine. L'onda d'urto scatena la paura

A neanche 24 ore dall'ordinanza che prescrive l'obbligo di tampone per chi arriva da Parigi, Ventimiglia è già pronta. Lì, dove la Francia finisce e l'Italia comincia è stato allestito il primo avamposto per contenere "l'onda d'urto" dopo l'impennata di contagi oltre confine. Così davanti alla spiaggia dei Balzi Rossi, dove prima c'era la vecchia casa doganale, adesso c'è l'unità mobile per i tamponi. Piccola ma ben organizzata: una tenda e due medici incaricati con le tute e le protezioni di sicurezza. Un presidio voluto in anticipo rispetto alle decisioni del ministero dal sindaco di Ventimiglia Gaetano Scullino, che c'ha visto lungo. "Ero molto preoccupato. E ho deciso di mettere questo presidio per dare un segnale forte. Ma è un servizio per quelli che tornano dalla Costa Azzurra, dove c'è stata un'impennata di casi di Coronavirus. Abbiamo appena iniziato e la media è già di 70 tamponi al giorno. Vengono processati dall'Asl di Imperia, che poi comunica il risultato via mail. Ovviamente per noi non c'è l'obbligo di sottoporsi al test". Fino a ieri. Perché da oggi la frontiera italiana con la Francia cambia. Tutti quelli che arrivano dalle "zone rosse" hanno l'obbligo di sottoporsi al tampone entro 48 ore. Lo dice l'ordinanza del ministro della Salute Roberto Speranza. E fin qui tutto chiaro. Il problema è che non sono stati specificati una serie di dettagli non da poco e le autorità locali, lasciate sole, sono nel caos. Perché un conto è gestire pochi tamponi eseguiti su base volontaria, ma riuscire a gestire il controllo di una zona di confine presa d'assalto da turisti, frontalieri e migranti è un'altra cosa. Alle sette di ieri sera non era arrivata ancora nessuna disposizione dal ministero. Non si sa a chi spetterà fare i controlli, come cambierà la frontiera e se l'obbligo di fare il test vale per tutti o ci sono delle eccezioni. Insomma, per ora c'è ancora molta confusione. "Siamo in attesa di notizie da parte del ministero. Ma credo che questo genere di controllo dovrebbe spettare alle autorità sanitarie", dice il comandante della polizia di frontiera Martino Santacroce . Quella di Ventimiglia è una delle frontiere più difficili da gestire. Ci sono due valichi bassi, ponte San Ludovico e ponte San Luigi, l'autostrada più in alto, la ferrovia e ci sono i sentieri sulle montagne. Ogni giorno da qui passano 7 mila frontalieri italiani che vanno a lavorare in Francia e 4500 francesi diretti a Ventimiglia. Si spostano per motivi di lavoro e di commercio: gli italiani in Francia comprano benzina e medicinali e i francesi della Provenza e della Costa Azzurra alcolici e alimentari italiani. Adesso, però proprio le zone della Provenza e della Costa Azzurra, da Marsiglia fino a Nizza, Montecarlo e Mentone, sono quelle, insieme a Parigi, con più casi di Covid di tutta la Francia.

Ma l'emergenza oltre che sanitaria è anche economica. "Nulla è chiaro", dice a La Stampa Roberto Parodi, il presidente dell'associazione frontalieri."Durante il lockdown chi era costretto a muoversi dall'Italia verso la Francia impiegava due ore e mezza per fare 20 chilometri. Chiudere ancora questa frontiera potrebbe avere delle conseguenze molto gravi. La situazione economica è preoccupante. Il settore turistico sta patendo enormemente, i licenziamenti in Francia sono continui. Non ci sono tutele per i lavoratori con contratti a tempo determinato o con contratti interinali. A Montecarlo hanno appena chiuso quattro alberghi da 400 stanze l'uno". Questa volta però non dovrebbe esserci un blocco fisico. I frontalieri, secondo quanto si è capito fino ad ora, dovrebbero avere una sorta di lasciapassare, perché sottoporli al tampone tutti i giorni sarebbe ingestibile. La procedura dovrebbe riguardare chi rientra dopo soggiorni superiori alle 72 ore in alcune regioni francesi. Nella lista "nera" per ora ci sono: Alvernia-Rodano-Alpi, Corsica, Hauts-de-France, Île-de-France, Nuova Aquitania, Occitania, Provenza-Alpi-Costa Azzurra. Chi è stato qui per tre giorni deve prenotarsi alla propria Asl per fare il tampone. Tutto entro 48 ore. Questo però non tranquillizza i frontalieri sempre più in allarme. "Anche solo dover mostrare un lasciapassare per noi frontalieri sarà un disastro, si creeranno lunghe code, sarà il caos", sottolinea Parodi. Insomma, se non si morirà di Covid di certo si rischierà di morire di fame. Ne è convinto Marcello Orengo, proprietario di un supermercato Conad di Latte: "Finché ti prendono la temperatura per andare a votare va tutto bene, è giusto. Ma bloccare la circolazione fra due Stati è folle. Non so se moriremo di Covid, ma di certo rischiamo di morire di fame. Ventimiglia vive di turismo, come tutta l'Italia. Chiudere le frontiere finirà per ucciderci", ha detto a La Stampa.

A complicare la situazione già tesa c'è però un'altra questione. Alla frontiera di Ventimiglia non passano solo turisti, merci, camionisti, frontalieri e famiglie. Ogni giorno sfidano i controlli anche i migranti che sognano di raggiungere Francia, Spagna e Inghilterra. Tentativi che vengono sistematicamente bloccati dalla polizia francese che li rispedisce indietro. Come tre giorni fa.

Alla stazione di Mentone-Garavan, un treno è stato fermato, tutti i passeggeri sono stati fatti scendere, prima di lanciare dei lacrimogeni per stanare due ragazzi migranti nascosti nei bagni che poi sono stati riportati in Italia. Su come gestire i tamponi in questo caso il ministero della Salute tace. E per ora a presidiare il confine tra Italia e Francia ci pensano gli alpini.

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