Il virologo Tarro: "Per sconfiggere il virus serve la cura, non il vaccino"

L'esperto ricorda che per la Sars e la Mers non vennero preparati vaccini: "Si è fatto ricorso agli anticorpi dei soggetti guariti". E sulla gestione dell'epidemia dice: "Il governo non ha potenziato subito i posti di terapia intensiva"

Il virologo Tarro: "Per sconfiggere il virus serve la cura, non il vaccino"

Aspettare un vaccino in grado di sconfiggere il nuovo coronavirus potrebbe essere inutile. Secondo il virologo Giulio Tarro, infatti, "se il virus ha come sembra una variante cinese e una padana, sarà complicato averne uno che funziona in entrambi i casi". È quello che avviene "per i vaccini antinfluenzali che non coprono tutto".

Il virologo, primario in pensione dell'ospedale Cotugno di Napoli, è stato in prima linea contro diverse malattie: "Ho isolato il vibrione del colera a Napoli, ho combattuto l’epidemia dell’Aids e ho sconfitto il male oscuro di Napoli, il virus respiratorio 'sincinziale' che provocava un’elevata mortalità nei bimbi da zero a due anni affetti da bronchiolite", racconta a Businessinsider. E ricorda come "né per la prima Sars, né per la sindrome respiratoria del Medio Oriente sono stati preparati vaccini, si è fatto, invece, ricorso agli anticorpi dei soggetti guariti".

Potrebbe essere questa la chiave per sconfiggere anche il Sars-CoV-2, che ha scatenato una pandemia a livello globale. Si tratta, quindi di "una cura", non di un vaccino. L'epidemia, infatti, "potrebbe sparire completamente come la prima Sars, ricomparire come la Mers, ma in maniera regionalizzata o diventare stagionale come l’aviaria". Per questo, afferma Tarro, "serve una cura più che un vaccino". Per quanto riguarda le tempistiche, l'esperto si augura che la soluzione possa "arrivare anche per l’estate. Spero che la scienza e il caldo possano essere alleati. E confido che potremo andare a fare i bagni. Troppa gente parla del coronavirus senza avere il supporto dei dati scientifici e senza le giuste conoscenze". Infatti, sostiene Tarro, "oggi non lottiamo contro l’Ebola, ma il nostro nemico è una malattia che non è letale per quasi il 96% degli infetti".

Secondo il virologo, invece, a mettere in crisi il sistema sanitario sarebbe stata una serie di concause: "Il problema – spiega – è nel restante 4% che si è scatenato contemporaneamente. In pratica in meno di un mese abbiamo avuto gli stessi malati di influenza di un’intera stagione. Un’ondata a cui era impossibile far fronte a causa dei tagli alla sanità degli ultimi anni. Secondo l’Oms, tra il 1997 e il 2015 sono stati dimezzati i posti letto in terapia intensiva. E, peggio, non siamo stati abbastanza veloci a riparare i danni". L'Italia avrebbe perso troppo tempo a dichiarare l'emergenza e ad adottare le misure necessarie per far fronte all'emergenza: "Perché quando abbiamo avuto le notizie dalla Cina, i francesi sono intervenuti subito sui posti in terapia intensiva e noi no?- si chiede- Abbiamo preferito bloccare i voli con la Cina: una misura davvero inutile. Per non parlare poi del caos mascherine. La verità è che all’inizio non le avevamo quindi si diceva che dovessero usarle sono medici e pazienti, poi siamo diventati produttori di mascherine e quindi diciamo che servono a tutti".

Infine, secondo l'esperto, anche la strategia comunicativa del governo avrebbe qualche falla: "L’allarme è fonte di stress e lo stress, paradossalmente, determina un calo delle difese immunologiche.

Lo sanno tutti gli esperti, eppure ogni giorno assistiamo a questi inutili numeri che comunica la Protezione civile". E aggiunge: "Sono dati che non vogliono dire nulla: non conosciamo il numero preciso dei contagiati e di conseguenza ci ritroviamo di fronte a un tasso di mortalità altissimo".

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