Il virus corre lungo la rotta balcanica e arriva in Italia. Da un lato ci sono i clandestini che tentano di arrivare percorrendo quella via di cui nessuno parla. Il Giornale.it aveva documentato gli arrivi per quelli che dal Pakistan partono e se la fanno a piedi. Erano i mesi prima del covid, ma ora la situazione non è di molto cambiata tanto che anche il segretario provinciale del Sap (Sindacato autonomo di Polizia), Lorenzo Tamaro si è mosso e critica la gestione dal fenomeno da parte del ministro Lamorgese che pensa solo agli sbarchi sulle coste siciliane. Un processo migratorio che incide sui numeri del contagio da Covid in Friulia Venezia Giulia, tanto che a giugno scorso per esempio, il 20% dei positivi erano clandestini.
Ma dall'altro lato invece ci sono anche i migranti regolari, quelli che lavorano in Italia e che dopo essersi concessi qualche settimana di ferie nel Paese natìo tornano positivi al covid. Sono per lo più operai, badanti e colf. I primi due focolai si sono registrati a Treviso, dove ci sono 216 casi registrati, e a Belluno, che ne conta 50.
Nel territorio della provincia della Marca trevigiana infatti, i cittadini della Macedonia risultati positivi al covid sono 135. Tra questi 13 sono ricoverati negli ospedali di Treviso, Conegliano e Vittorio Veneto e 3 sono attualmente in terapia intensiva. L’età va dai 27 ai 72 anni. Poi abbiamo 52 kosovari e 29 albanesi. Tre sono in terapia intensiva. E sono tutti non vaccinati. Il direttore dell’azienda sanitaria Francesco Benazzi ha invitato tutti coloro che sono rientrati da questi Paesi dove l’infezione non è sotto controllo, a sottoporsi a un tampone e adottare le misure da contenimento onde evitare l’aumento dei contagi.
Nella zona delle Dolomiti invece ci sono 38 macedoni positivi al covid, sette kosovari e 5 albanesi. Sarà il tracciamento ora che permetterà di capire se ci siano altri infetti tra i parenti e i conoscenti dei pazienti. Vero è che fino al 31 agosto è in vigore l’ordinanza del ministero della Salute che prevede che alle persone di ritorno da Paesi come Albania, Kosovo, Moldavia, Montenegro, Serbia, Macedonia del Nord e Ucraina sia imposto: un test molecolare o antigenico con risultato negativo nelle 72 ore precedenti l’ingresso in Italia; un isolamento fiduciario di cinque giorni con avviso all’azienda sanitaria di riferimento; un altro test molecolare o antigenico al termine dell’isolamento e la registrazione del proprio rientro sul portale dell’azienda sanitaria di appartenenza.
Quelli di rientro da questi Paesi, fanno sapere i medici, sono soggetti non immunizzati, o immunizzati per metà, ossia solo con prima dose che non è sufficiente a garantire la protezione necessaria. Sono soggetti che soggiornano in Paesi dove il virus dilaga molto più rapidamente che in Italia. I datori di lavoro sono stati costretti a chiedere l’esito del tampone a queste persone.
In genere questi casi, se presi in tempo, vengono trattati a domicilio o in ospedale con gli anticorpi monoclonali. Non si escludono segnalazioni all’autorità giudiziaria di chi avrebbe dovuto fare il tampone prima di tornare al lavoro e invece se n’è fregato.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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