La visione del futuro che serve alla politica

Più o meno tutti, uscendo dalla pandemia, desideriamo avere un governo che abbia un progetto di lungo termine, che sappia affrontare non solo i problemi drammatici del presente, ma anche sapere guardare avanti.

Più o meno tutti, uscendo dalla pandemia, desideriamo avere un governo che abbia un progetto di lungo termine, che sappia affrontare non solo i problemi drammatici del presente, ma anche sapere guardare avanti. Un governo che abbia una visione di cosa deve essere il nostro Paese nel quadro geopolitico in mutamento. La pandemia, lo sappiamo, creerà problemi economici a livello mondiale e rischia di produrre un indebolimento dell'Europa che ha un calo della natalità e un invecchiamento della popolazione.

E il piano strategico per il futuro ha davanti a sé due strade opposte. Seguire la globalizzazione selvaggia, aprendosi ancora più alla Cina e all'immigrazione africana. O rispondere con una radicale trasformazione del sistema politico-economico e una riorganizzazione radicale del lavoro, potenziando il proprio sistema e la propria competitività, appoggiandosi stabilmente sulle proprie tradizioni e sulle proprie specificità. Mentre la prima strada ha il carattere di una resa, la seconda richiede una visione e un impegno di consolidamento e di rinnovamento. Richiede di semplificare le istituzioni europee, trasformando un gigante burocratico in un organo politico capace di decisioni rapide; promuovere il decentramento regionale o federale per valorizzare le diversità; stimolare la creatività imprenditoriale; rispondere istantaneamente ai problemi locali riducendo l'apparato burocratico centrale.

Abbiamo bisogno di una élite capace di abbandonare le credenze e le incrostazioni passate, di non continuare ad immaginare il futuro come pura tecnica e come puro calcolo economico, ma capace di avere una visione della società come comunità solida, competitiva. Ma in cui si afferma il gusto di vincere e di vivere meglio.

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