Il pellegrinaggio è diventato il nuovo mood per ritrovare se stessi

C'è una nuova tendenza di cui non si parla molto, quella di pellegrinare. Due studenti di antropologia, Gabriel e Chiara, hanno creato il progetto Walking liminality, per comprendere perché migliaia di persone in tutto il mondo hanno scelto questa via per ritrovare se stessi

Il pellegrinaggio è diventato il nuovo mood per ritrovare se stessi

In una società in continua mutazione, plasmata e modificata da avvenimenti esterni, mai come in questo periodo gli esseri umani, messi a dura prova dalla pandemia, dalla guerra, da problemi economici e cambiamenti climatici, cercano una via di fuga per ricominciare da se stessi. Non è un caso che sempre più persone lascino il posto di lavoro per cercare una vita che possa, in qualche modo, dare spazio o essere compatibile con la propria vita privata. Siamo stati abituati a doverci impegnare per guadagnare con lavoro e sacrificio, mettendo da parte il nostro spirito di libertà, e quello che ci rende davvero felici. Ma ora sta prendendo piede una controtendenza.

Due studenti di antropologia sociale e relazioni internazionali dell'università SOAS di Londra, Chiara e Gabriel, hanno creato un progetto, il Walking liminality, per cercare di capire la crescente popolarità dei pellegrinaggi nel mondo, e documentarla. Il progetto nasce dalla curiosità dei due studendi per capire le motivazioni che spingono persone, nel nostro mondo iper tecnologico a compiere ancora pellegrinaggi. “Lo scorso anno, abbiamo fatto il Cammino di Santiago (la via Francese) e quello che a posteriori ha catturato la nostra attenzione è stato il realizzare che le storie delle persone che abbiamo incontrato lungo il cammino erano tutte legate da un filo comune”. Racconta Chiara. I due sono partiti l’8 maggio da Canterbury, in Kent, al momento hanno percorso 114,5 km, dei 3200km totali che li porteranno a Santa Maria di Leuca.

Quello che viene fuori, almeno dal primo approccio, è una profonda crisi che sta attraversando l'essere umano in questo particolare momento della nostra vita.“Abbiamo colto un interessante legame tra il processo del pellegrinaggio e quello di crisi, liminalita o transizione. Parlando con gli altri pellegrini abbiamo notato che la maggior parte di loro, ovviamente non tutti, non erano lì per ragioni religiose. Anzi, non si definiva nemmeno come credente. Però, quasi tutti nelle loro storie definivano quel particolare momento della loro vita come momento o di crisi, o di passaggio. Alcuni si erano licenziati e non sapevano cosa fare della loro vita. Altri avevano perso una persona a loro cara, altri ancora cercavano l’amore. Insomma, ci è parso come se il pellegrinaggio oggi fosse diventato una sorta di strumento di rinascita. Come se coloro che oggi popolano queste antiche vie sacre, fossero lì poter trovare delle risposte, risposte che non trovano nel mondo ordinario”.

Elementi di rinascita, secondo le esperienze fatte durante gli incontri con altri pellegrini, sottolineati anche dal nome del progetto Walking liminality. “Lo abbiamo scelto per evidenziare proprio questo elemento di rinascita del pellegrinaggio come spazio liminale. Liminale nel senso di transitorio, non-ordinario, dal latino ‘limen’ ovvero punto di partenza, o spazio di transizione. In poche parole, lo spazio liminale permette a coloro che ne fanno parte, di capovolgere le loro vite, per poi uscirne cambiati e rigenerati”.

Ma in quale modo camminare riesce a cambiare le persone e perché farlo è qualcosa che fa così bene alla nostra anima? Per i due studenti tutto è partito dala loro prima esperienza del Cammino di Santiago. “Questo spesso viene romanzato, però alla fine, il suo aspetto romantico esiste. Ad oggi, non solo grazie a questo progetto di documentario, possiamo dire il 'cammino cambia'. Spesso non lo si realizza subito, ma qualcosa cambia. Tanto è vero, che la relazione tra me e Gabriel è iniziata proprio sul cammino. A parte questo, personalmente, una delle cose in cui mi sento maggiormente cambiata è l’ascolto verso me stessa, e lo stesso per Gabriel. Sono riuscita a cogliere il legame tra mente e corpo. Ho realizzato che per tanto tempo non avevo ascoltato il mio corpo perché la mente tendeva sempre a prevaricare. Il cammino di Santiago è riuscito a darmi un equilibrio. Per una settimana ho percorso 5 tappe da 20/30km zoppicando a causa di un’infiammazione allo psoas. A quel punto, ho realizzato che l’unica cosa che potevo fare per riuscire a concludere il cammino era ascoltarmi. Dormire se ne avevo bisogno o fermarmi”, racconta ancora Chiara. Ma in realtà non è soltanto questo che ha spinto lei e miglione di persone a fare questa scelta.

Secondo Chiara e Ganriel, dopo il cammino di Santiago è cambiata la loro autostima e la loro relisienza. “Camminare ti porta a superare i tuoi limiti. A combattere con i tuoi pensieri che continuano a dirti: ‘non ce la puoi fare’, ‘questo è troppo’. Però il cammino mi ha insegnato che quasi sempre quando pensi di essere arrivato al limite, non è mai il limite. Oggi sulla via Francigena so che ce la posso fare, anche a fare 40km in un giorno, il punto è il voler farli o no".

Un altro punto fondamentale è il ritorno al contatto della natura, quasi un riappacificarsi con qualcosa con cui ci siamo disabituati a convivere. Le grandi città sono una gabbia in cui spesso siamo rinchiusi senza avere contatti profondi con la terra e le sue energie. “Nel nostro progetto, l’uomo e la natura si incontrano più o meno in ogni punto. Non solo noi camminiamo più o meno 6 ore al giorno in mezzo alla natura, ma in più, facendolo non prendendo nessun mezzo di trasporto, promuove un messaggio di rispetto verso l’ambiente. Un rispetto che ormai è venuto a mancare nella società contemporanea. Camminare nella natura, aiuta a ristabilire un legame con quest’ultima la cui rottura e propriamente la causa del cambiamento climatico". In effetti, tra le vie di Santiago e della via Francigena c’è ancora gente che segue il ritmo delle stagioni, che si sveglia al sorgere del sole e si addormenta al suo tramonto. Insomma, c’è ancora gente che vive con, e non a discapito di, la natura. "Io non tanto" racconta Chiara sorridendo, "Ma Gabriel da parigino, tante volte rimane sorpreso sul cammino nel vedere i frutti che solamente compra al supermercato su dei veri e propri alberi”.

Se leggendo vi è venuta la voglia di provare a fare un pellegrinaggio c’è anche il modo di partecipare al loro, oltre ad aiutarli. “Prima di tutto, invitiamo chiunque voglia a supportarci o collaborare con noi attraverso la condivisione di idee e competenze. Per esempio, recentemente abbiamo conosciuto degli studenti di università di film-parking a Londra che ci hanno offerto il loro aiuto per il video-editing del documentario. Oppure, professori di antropologia ci hanno contattato per supportarci come la fase di ricerca o con il web-design. Altrimenti, invitiamo le persone a supportarci economicamente attraverso la nostra piatta di forma di crowdfunding accessibile tramite il nostro sito web".

Al momento i due ragazzi sono in cerca di uno sponsor, non solo per la produzione e distribuzione del documentario ma anche per vitto e alloggio lungo la via francigena. "Camminare per quattro mesi è sicuramente una grossa spesa. Apprezziamo ogni genere di offerta da coloro che abita io lungo la via.

Sul nostro sito web abbiamo dedicato una sezione proprio per questo fine sotto il titolo: ‘partecipa’ e ‘cammina con noi’. Qui postiamo ogni settimana il nostro programma di cammino e aggiorniamo in tempo reale la nostra posizione".

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