Locanda alla Scala, la cotoletta quasi perfetta

Locanda alla Scala, la cotoletta quasi perfetta
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Nella classifica in continuo cambiamento delle migliori cotolette alla milanese in città, irrompe tra le prime posizioni quella realizzata da Francesco Iob, lo chef della Locanda alla Scala. Con osso, non troppo battuta e quindi della giusta altezza, pittosto rosa e molto morbida, con una panatura perfetta che non si stacca come fosse una pellicola (capita, eccome se capita), materia prima notevole (un nodino di vitello perfetto per lo scopo), giusta salatura e un contorno a base di insalata e pomodori. Davvero notevole, anche per il prezzo (35 euro) inferiore a molte interpretazioni di più bassa qualità da me assaggiate in giro per Milano. Bene davvero.

Locanda alla Scala, Giuseppe Postorino e Francesco Iob

La cotoletta (o costoletta come annunciatomi dal bravo Giovanni, che dirige con sorridente empatia la sala) ha reso notevole una serata già piacevole, trascorsa in questo locale che ho voluto premiare per essere uno di quei pochi che non mollano nell’agosto metropolitano: sarà sempre aperto, a disposizione dei turisti e dei milanesi imprigionati in città. La Locanda alla Scala si trova al numero 1 di via dell’Orso, tra Brera e piazza della Scala. Il locale occupa le mura dello storico ristorante Il Coriandolo ed è elegante in modo old style, con la sorpresa di un giardino segreto seminascosto. Il locale appartiene al gruppo di Alberto Tasinato, uno degli imprenditori più visionari della scena gastronomica milanese, con un bouquet di locali tutti differenti ma uniti da un comune tratto stilistico, tra i quali la perla dell’Alchimia, lo stellato curato di Giuseppe Postorino, con cui Iob ha lavorato per anni, apprendendo la cura per il dettaglio, l’attenzione per l’ingrediente e per il sapore e un’idea di cucina nitida e interessante.

Locanda alla Scala, la cotoletta

La Locanda alla Scala è uno dei pochi locali aperti negli ultimi anni a Milano che interpreta credibilmente la cucina cittadina distaccandosi da quella ondata di finte trattorie tipiche dai prezzi alti e dagli esiti sovente assai deludente. Quello che io ho provato nella mia visita di poche sere fa mi ha invece convinto e in alcuni casi (la costoletta, appunto), decisamente entusiasmato. Ho iniziato con un Uovo alla Nerano con spuma di provola affumicata e zucchine in realtà più campano che lombardo (ma comunque assai delicato) e con dei Mondeghili assai morbidi e correttamente schiacciati, accompagnati da differenti tipi di maionese (una al Campari). Tra gli antipasti in carta che non ho provato segnalo una promettente versione del Vitello tonnato e una Battuta di scampi con crema di burrata e lime candito.

Locanda alla Scala, un piatto

I primi: io scelgo delle Linguine aglio, olio e peperoncino e con tartare di gambero rosso al profumo di lime e zenzero e polvere di peperone crusco di grande eleganza, rifinito al tavolo da Giovanni in un gioco di manualità indubbiamente piacevole anche se rischia di far perdere alla pasta un po’ di temperatura. Comunque il risultato è interessante. Tra gli altri primi in carta avrei provato volentieri anche gli Agnolotti del plìn ai tre arrosti mantecati al burro e parmigiano con fondo di vitello e il Pacchero “UNO.61”con ragù all’astice. Sarà per la prossima volta. Dei secondi ho già detto con la mia elegia alla cotoletta. L’alternativa sono una Guancetta di manzo brasata all’Al Foyer con purè di patate montate al burro, un Branzino alla mugnaia con vellutata al prezzemolo e cous cous di cavolfiore e un Galletto a la presse da mezzo chilo davvero attraente. Interessanti anche i dolci, con un Gelato alla crema “A Teatro” che viene servito da una golosa cuspide a arricchito da una serie di topping (alcuni liquori, frutta secca, caramello salato, smarties) o in alternativa un Bonet piemontese al whisky con pere.

Non c’è un menu degustazione (meglio così), un pasto completo con antipasto, primo, secondo e dolce può costare attorno agli 80 euro ma il conto si abbassa condividendo qualche

portata o saltando una voce del menu, che del resto ormai sempre meno ospiti hanno lo stomaco per affrontare “in purezza”. La carta dei vini è corretta, con un buon assortimento di etichette convenzionali con ricarichi onesti.

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