Viaggio nel mondo del caffè

Nello stabilimento Illy è stata aperta un’Accademia del caffè guidata da Moreno Faina, con un progamma di informazione e formazione per semplici consumatori ma anche pe i professionisti del settore

Viaggio nel mondo del caffè
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È un viaggio dentro una tazzina, un mondo a cui non si pensa quando durante la giornata si beve un caffè. Sembra semplice, in quei pochi grammi e pochi secondi di piacere, ma il lavoro che è dietro alla qualità che troviamo nei nostri bar o nelle confezioni che troviamo nei negozi costa lavoro, sacrificio, attenzione a tutti i particolari. Te ne accorgi quando vai a visitare uno di quegli stabilimenti che hanno fatto grande il caffè in Italia, in particolare – nel nostro caso – a Trieste, dove Illy è diventato una delle aziende più conosciute al mondo. Ma soprattutto capisci che nasce attraverso la collaborazione dei nostri marchi nel Consorzio di Promozione del Caffè, il quale riunisce le principali imprese del settore che commercializzano le diverse tipologie a disposizione, oltre che i produttori di macchine per bar, hotel e ristoranti. E dunque, da dove si comincia?

Innanzitutto, da quanti caffè esistono in Italia. Uno ma molteplice, perché lo troviamo torrefatto, decaffeinato, solubile, in capsule, in cialde. Ma soprattutto tutto arriva dalle 66 specie conosciute delle piante del genere coffea, con le due più riconosciute di cui abbiamo sentito tutti parlare: l’Arabica (quella che si trova sopra i 600 metri di altezza fino a 2000) e la Canephora più conosciuta come Robusta (da 600 metri al livello del mare), che è appunto più corposa e legnosa, mentre l’altra risulta più floreale e profumata. Da qui, insomma, l’importanza della materia prima, che per Illy vuol dire rifornirsi da 50 territori diversi di 20 Paesi del mondo. Tutto, ovviamente, tracciato e trattato in maniera sostenibile, il che vuol dire controllare anche le condizioni di lavoro di chi vive nelle piantagioni di caffè.

Tornando a noi, per capire l’entità del fenomeno sappiate che ogni italiano beve all’incirca 6 chili di caffè l’anno, per cui moltiplicate per la popolazione e capite perché bisogna conoscere di più la materia. Tanto appunto che nello stabilimento Illy è stata aperta un’Accademia del caffè guidata da Moreno Faina, con un progamma di informazione e formazione per semplici consumatori ma anche pe i professionisti del settore. E nella quale il Chief Quality & Sustainibility Officer David Brussa ci ha guidato attraverso tutte le cose da sapere sulla nostra bevanda preferita, con degustazioni per capire la differenza di cosa esce da quella ciliegia rossa che contiene due preziosi chicchi (no zucchero, please) e dei diversi gradi di tostatuta proposti da Illy (Classico, Intenso, Forte). Il lavoro dunque è complesso, colpisce gusto ma anche odorato, tatto e perfino vista e soprattutto la salute, perché la caffeina è un toccasana in dimensioni normale o un pericolo nell’uso esagerato. Per intenderci: in un caffè al bar ce ne sono 70 mg, a 300 il nostro corpo comincia a rifiutarla, a 500 il cuore potrebbe non reggere. E, in tutto questo, si deve considerare che di caffeina ce n’è anche in famosi prodotti che consumiamo spesso.

In pratica: in medio stat virtus. Ma soprattutto nella professionalità passa la produzione in laboratori perfino scientifici nei quali vengono misurati aromi, blending (ovvero miscela), qualità dei chicchi e tutto quanto caffè appunto. Fino poi ai vari passaggi che lo portano in confezione, ovvero la miscelazione (che è una vera arte, cioè creare il perfetto equilibrio delle varie componenti per selezionare i vari tipo di prodotto), la tostatura fino a 220 gradi in 3 profili diversi dopo la quale, raffreddati, i chicchi vengono sparati nei tubi a 2 metri al secondo verso la macinatura per non perdere caratteristiche e aroma prima che il tutto venga sigillato nelle capsule o nella confezione. Davvero impressionante vederlo di persona.

Come spiega da 30 anni il Consorzio questa è cultura, è lo è davvero se si assiste al lavoro che c’è dietro la nostra tazzina. Che, negli ultimi anni, ha subito una crescita di prezzo per colpa della speculazione e soprattutto, come ha spiegato Brussa, «dal fatto che siamo arrivati al punto che nel mondo si consuma più caffè di quanto se ne produce». Il che costringerà i produttori ad andare alla ricerca di nuovi punti di partenza della filiera, per esempio in Cina.

Ma tant’è: questo è anche il segno del successo di qualcosa che ormai fa parte del made in Italy, come racconta appunto il viaggio da Illy, concluso ovviamente come si conviene. Con un caffè (con un pochino di zucchero, confesso).

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