La luce filtra debole da una fessura appena accennata. Le pupille si dilatano, in attesa di un miracolo che pareva inafferrabile. Lord Carnarvon si è letteralmente svenato per condurre mesi di ricerche, ma anche i mecenati devono incidere un punto in fondo alla frase quando le finanze si dissolvono senza essere accompagnate dai risultati. Però adesso Howard Carter è lì, fermo sulle ginocchia, lo sguardo proteso verso la tiepida lama brillante che gli si apre davanti. “Vedi qualcosa? Vedi qualcosa?”, lo incalza il nobile. Carter solleva la mano destra, come a zittirlo un istante soltanto. Sì, vede decisamente qualcosa.
Il ritrovamento della tomba
Il giorno è il 4 novembre del 1922 e quella scoperta sta per cambiare le sorti dell’archeologia moderna. Howard ne è esponente tenace, ma sta per gettare la spugna dopo mesi di scavi infruttuosi nella Valle dei Re, la striscia di sabbia e pietra che delimita l’odierna Luxur. Fino a quel momento sono stati ritrovati altri antichi luoghi di sepoltura, ma nessuna tomba dei faraoni si è mai rivelata intatta. Stavolta è diverso. Sfibrato dalla vaporosità della sue ricerche, Carter - che pure non è uomo arrendevole - medita di cedere. Carnarvon in fondo gli sta alle costole e ha già minacciato di chiudere i rubinetti. Quando ogni speranza sembra sul punto di svanire, quasi ci inciampa dentro, a quello che cercava. Una serie di gradini proprio davanti alla tomba di Ramses VI. Comincia a discenderli e avverte il connazionale britannico: “Vieni, forse ho trovato qualcosa”.
Un tesoro inestimabile
Il fondo di quella breve scalinata è un pugno nodoso alla bocca dello stomaco. Una stanza vuota. Carter, inizialmente avvilito, non lascia prevalere lo sconforto. Sa che tutto quello che sta vedendo risponde a un senso più ampio. Che deve pur esserci un’altra porta. E infatti c’è: reca in alto una serie di geroglifici. Sono quelli del faraone Tutankhamon.
Ovunque, da quella fessura, Carter intravede il promettente scintillio dell’oro. La gigantesca porta di pietra viene aperta con meticolosa accuratezza. Ci vorranno anni, addirittura, per mettere completamente in sicurezza la tomba e catalogare tutto. Carnarvon scalpita, ma non si può fare altrimenti. Giungeranno alla camera funeraria soltanto nel 1923, mentre per il sarcofago del giovane faraone bisognerà attendere il 1925, quando il facoltoso inglese se ne sarà già andato.
Dall’altra parte, comunque, si staglia un tesoro inestimabile: almeno cinquemila oggetti preziosi di diverso genere, tra statue che raffigurano persone, divinità e animali, catafalchi, letti, cofani, armi, gioielli e arnesi vari. Il sepolcro del faraone pare una matrioska: quando hanno finito di scoperchiarlo, Carter e la sua equipe si imbattono in una maschera dorata, tappezzata di lapislazzuli. Probabilmente il reperto egiziano più celebre di sempre.
Una decorazione "extraterrestre"
Quello più inatteso è invece collocato sul luccicante pettorale del Re bambino: un’esplosione di pietra preziosa che assume la forma di uno scarabeo e che, ad un più attento esame, si rivela un ricchissimo grumo di pasta di silicio proveniente dal deserto libico. Non un materiale qualsiasi: accertamenti successivi hanno rivelato come quella decorazione fosse il risultato del frammento di una cometa di ghiaccio esplosa sopra i cieli di Luxur 3.300 anni fa. Il "ferro venuto dal cielo", come lo chiamavano gli egizi.
Un funerale inatteso
Per quanto magnificamente intatta, la camera funeraria pare un raffazzonato profluvio di oggetti premuti dentro con inopportuna fretta. La spiegazione è da ricercarsi nella tenera età di Tutankhamon al momento della sua dipartita: a quanto pare nessuno poteva aspettarsi un epilogo così funesto e sulla tomba si sono fatte spazio due ipotesi. Da un lato c’è chi ritiene che sia stata creata in pochissimi giorni. Dall’altro chi sostiene che fosse stata pensata per un altro parente e riconvertita a fronte dello sciagurato evento. Il risultato resta comunque il medesimo: quello del faraone più celebre è un luogo di sepoltura tutt’altro che finemente meditato.
Alla ricerca di Nefertiti
La clamorosa scoperta rivitalizzò la carriera di Carter e aprì scenari inediti. Se lì c’era la tomba di Tutankhamon, si ipotizzò, certo poteva non essere peregrina l’ipotesi che nelle vicinanze, nascosta chissà dove, si trovasse anche quella di sua madre, la regina Nefertiti.
Suggestioni che non troveranno conferma: i radar geotermici scandaglieranno senza successo la struttura negli anni successivi, senza cavare risposte. A distanza di un secolo, il ritrovamento della tomba di Tutankhamon rimane dunque saldamente al suo posto, come una delle scoperte più sensazionali nella storia dell’archeologia moderna.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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