Nelle ultime settimane sui giornali, le tv e i social si è discusso molto di alcune vignette che hanno preso di mira personaggi politici e giornalisti (più o meno) noti. E il caso è stato affrontato - da parte delle persone a cui non sono piaciute - con tale violenza, con tale astio, addirittura con un certo «schifo», da far pensare che avrebbero preferito non vedere vignette del genere, o di non vederne più.
Azzardiamo: e se tale atteggiamento fosse una forma sottilmente ambigua di cancel culture? Non sempre è chiaro il confine tra dichiarare che una certa satira non fa ridere, che non è riuscita (posizione legittima naturalmente) e augurarsi invece che non si vedano più cose del genere (ma perché?); che quel disegnatore «è vergognoso»; che quel giornale «merita di chiudere» (posizioni pericolosamente vicine alla censura). Noi siamo convinti invece che la satira - più ancora del giornalismo d'opinione e di cronaca, più ancora della critica - sia sacra. Si può e si deve giudicarla, ovviamente: alcune battute, alcune vignette sono pessime o stupide, certo. Ma non la si può screditare negandone l'essenza, definendola «un insulto». Il retropensiero in tali casi è che sia satira solo ciò che fa ridere noi, quando colpisce personaggi che ci sono antipatici. E che non lo sia più quando ci infastidisce e smitizza (che è il vero obiettivo della satira) personaggi che ci sono vicini. Si definisce «razzista» (?) una vignetta di Elly Schlein, ci si lamenta per una vignetta di una giornalista schierata (La7-gruppo GEDI-Einaudi). Ma ci si dimentica la sacra storia della satira italiana, da Giolitti a Berlusconi.
Vi ricordate le vignette su Craxi cinghialone? Sul «pistolino» di Spadolini? Sulle troie di Arcore? Su Oriana Fallaci «la pazza» con elmetto e giubbotto antiproiettile? Su Bru-neo Vespa? E su Francesco Borgonovo? E la parodia di Feltri firmata Crozza? E le ironie - bipartisan - su Scanzi e Mario Giordano? Cancelliamo tutto?Per noi: Viva la satira sempre e comunque. Soprattutto quando non ci piace. La libertà - qui - o è assoluta o non è. Facile essere #CharlieHebdo al momento opportuno. Difficile esserlo sempre.
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