Natale in casa Chiara Una festa di ironia fra il sacro e il profano

La povertà nel dopoguerra e la pietosa bugia a un Gesù Bambino troppo stanco per portare doni. Una fiaba quantomai attuale...

Natale in casa Chiara Una festa di ironia fra il sacro e il profano

Pubblichiamo il racconto Dialogo di Natale e una lettera dello scrittore datata 26 dicem­bre 1944 contenuti in Piero Chiara, Era mio padre quel Gesù Bambino e altri racconti ( In­terlinea, pagg. 86, euro 12; a cura di Federico
Roncoroni). Il libro sarà presentato domeni­ca 23 dicembre a Varese (
ore 11, Pala­ce Grand Hotel) in occasione della fe­sta di Natale dell’associazione «Ami­ci di Piero Chiara».

Appena finita l'ultima guerra, nel 1948, c'era un uomo così povero, dalle nostre parti, che non poteva regalare nulla al suo bambino per Natale.
Quando vennero i giorni dell'Avvento, quel pover'uomo disse al suo bambino: «Quest'anno Gesù non potrà portarti nessun dono. È diventato troppo vecchio e non ha più forza per trasportare pacchi. Non può quasi neanche camminare perché ormai ha 1948 anni. Lo sai che noi contiamo gli anni dal tempo della sua nascita. Ebbene, se siamo nel 1948 vuol dire che ha 1948 anni».
«Così tanti?» chiese il bambino. «Ma come mai non è ancora morto?»
«Perché essendo figlio del Padre Eterno, anche lui è eterno».
«Ma allora suo padre quanti anni ha?»
«Eh, chi li può contare gli anni del Padre Eterno?»
«Dunque Gesù è tanto stanco...»
«Stanchissimo».
«Perché, se è così stanco, non manda un angelo coi doni?»
«Non si fida. L'ha fatto una volta, ma l'angelo è scappato coi pacchi».
Il bambino restò per un poco pensieroso e poi chiese: «Quando tu eri piccolo come me, Gesù ti portava qualche cosa?»
«Sì» gli rispose il padre «qualche cosa mi portava: un paio di scarpe, un berretto di lana, qualche mandarino...»
«Eppure aveva già tanti anni... Quanti?»
«Ne aveva già 1902 o 1903, ma era ancora in gamba. Adesso invece non ce la fa più. Sono troppi anni che per Natale gira il mondo a portare pacchi. L'ha fatto volentieri per un pezzo, perché si ricordava di quando anche lui era bambino e i Re Magi gli portavano i doni: povere cose, incenso, mirra, qualche unguento».
«E l'oro?»
«L'oro? Cosa poteva farne di un po' d'oro un bambino appena nato? L'avrà tenuto san Giuseppe. Comunque ora il mondo non è più come a quei tempi. I Re Magi sono morti e i bambini non si contentano più d'un po' d'incenso, di una pecora di gesso, di alcune mandorle o di pochi fichi secchi. Vogliono armi automatiche, treni elettrici, automobiline. Gesù dice che di bambini come è stato lui non ce ne sono più. Dovrebbe imparare a conoscere le cose di oggi, ma è troppo vecchio, te l'ho già detto».
«Ma di figli che siano ancora giovani, non ne ha?»
«Figli? Cosa ti viene in mente? I suoi figli siamo noi».

26/12/1944

Il Natale è passato. La notte della vigilia, alla messa di mezzanotte, nel salone, c'eravamo tutti, più qualcuno del paese. Il nostro direttore dirigeva un piccolo coro, S. \suonava l'armonio.

Goldestein, il nostro compagno ebreo che aveva ricevuto il battesimo quel mattino stesso, suonava il violino. Abbiamo fra tutti trovato un momento di fraternità.
La notte limpida e rigida m'influenzava, per non so quale congiunzione di stelle, in un senso estremamente ottimistico.

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