P er lungo tempo in Italia e in Europa, salvo poche eccezioni coraggiose, cè stata una barriera molto rigida tra la poesia e la narrativa. Per il poeta è stata considerata lecita al massimo una escursione verso la prosa darte (una delle peggiori iatture, contro cui già il vecchio Palazzeschi inveiva). Per il romanziere di successo, poi, la poesia è stata ed è ancora roba daltri tempi, da cui stare lontano: e i risultati si vedono.
Ci voleva una voce venuta da un altro continente per rompere quella barriera. Siamo negli Anni Ottanta. Un trentenne indiano, poliglotta, viaggiatore, educato tra lIndia e lInghilterra e autore di raccolte di poesia, è in California a studiare Economia a Stanford. Un giorno, curiosando in una libreria, scopre la traduzione dellEugenio Onegin di Puskin dovuta a Charles Johnston, che rispetta la metrica originaria dellopera, scritta in strofe di 14 versi rimati secondo una rigida concatenazione. È una folgorazione. Per il giovane indiano, quella forma è la forma giusta per raccontare la California come la sta vivendo in uno straordinario affresco che ha la struttura della poesia e lo spirito del romanzo. La California è quella del nord, della Baia di San Francisco. Il ponte detto Golden Gate sovrasta ogni cosa e avvolge di magnificenza quella che a molti (me compreso) appare come la più bella città del mondo. Lautore è Vikram Seth, che conoscerà fama mondiale grazie ai romanzi successivi, Il ragazzo giusto e Una musica costante, entrambi editi in Italia da Longanesi, e il libro si intitola proprio Golden Gate, edito qualche anno fa in Italia da Fandango e oggi riproposto da Guanda. La strofa di 14 versi, che è laurea misura del sonetto, in questopera è così duttile, prensile, invasiva, che si allarga anche alla dedica, ai ringraziamenti, alla notizia sullautore. La sintesi tra una perizia metrica virtuosistica e una voglia dirompente di narrare è riuscita, sfidando le convenzioni.
Lautore stesso ci scherza sopra. Arrivato a un terzo dellopera, racconta la reazione di un editore , durante un party elegante, quando lui, dopo avergli annunciato che sta lavorando a un romanzo, aggiunge «in versi». Leditore diventa giallo, mostra i denti. «Che meravigliosa... eccentricità», dice prima di defilarsi. Vikram Seth, caso davvero eccentrico, diventa romanziere nella forma della poesia. In Golden Gate trovo momenti lirici, definizioni dellamore, invocazioni come quella iniziale, leggera, alla Musa e quella finale, commossa, a San Francesco, patrono della città omonima, a cui si chiede di lenire la sofferenza dei singoli, e del mondo. Ma soprattutto trovo personaggi romanzeschi a tutto tondo e una girandola di vicende che hanno la freschezza dei migliori film di Bollywood.
Le barriere son lì per essere rotte. Si può scrivere un ottimo romanzo guardando a unopera in versi di due secoli fa, basta che il cuore e limmaginazione battano forte e in sintonia con la vita presente.
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