«Abbattere il Castello». Nel 1880 l'edilizia milanese è stagnante. La città si è sviluppata nella direzione Nord-Est, ma i costruttori hanno messo nel mirino un'area che consentirebbe una formidabile operazione speculativa. Si tratta della piazza d'armi che occupa lo spazio tra l'Arco della Pace e il centro. Bisogna però eliminare l'antica residenza ducale, ridotta a una caserma malconcia dopo le guerre d'indipendenza.
Un uomo solo si batte contro questo progetto. È Luca Beltrami, architetto e giornalista. Mentre il mondo celebrava la fioritura modernista del Liberty, Beltrami continuava a difendere uno stile che si poneva a metà tra il manierismo e il classicismo del Piermarini. E contro coloro che avrebbero voluto «asfaltare» il Castello riuscì a ottenere dal ministero, anche grazie alla consumata abilità di polemista, il vincolo integrale dell'edificio. La borghesia milanese era alla ricerca di una propria identità estetica che la rendesse partecipe del sentimento nazionale. E Beltrami era pronto a restituirle un'immagine neorinascimentale: quella stessa che si riconosce nelle sue realizzazioni più celebri, dal Palazzo della Permanente alle Assicurazioni Generali di piazza Cordusio, dalla Banca Commerciale che si affaccia su piazza della Scala alla sede del Corriere della Sera , passando per episodi più estrosi, come la Sinagoga di via Guastalla o lo spigolo di Palazzo Biandrà che si affaccia su via Tommaso Grossi. In qualche caso dovette arrendersi all'idea di distruggere l'antico, come avvenne per la chiesa di San Giovanni alle Case Rotte nei pressi di piazza della Scala, la cui facciata poi venne recuperata per costruire il fianco di Santa Maria Segreta in via Ariosto. Ma si tratta di un'eccezione: nella maggior parte dei casi Beltrami salvò l'aspetto del centro di Milano per come oggi lo conosciamo, impedendo che fosse ridisegnato dalla moda montante dell'Art Nouveau. Milano gli deve anche la fondazione della Raccolta Vinciana, le annotazioni al Codice Atlantico e la creazione di un centro studi su Leonardo. Ma soprattutto il restauro di Santa Maria delle Grazie, del Palazzo dei Giureconsulti, dei resti del Lazzaretto.
Eppure, se si eccettua la mostra alla Triennale voluta nel 1998 da Marzio Tremaglia e recensita all'epoca da un attento Gaetano Afeltra
(«Incredibile che tutto questo porti l'impronta di Beltrami», scrisse il grande giornalista), oggi l'uomo che salvò il Castello è ripiombato nel dimenticatoio: eppure è ancora lui la vera archistar che ha modellato la città di Expo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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