Disastro significa privo di stelle. I re magi, che le stelle invece le desideravano, ne hanno seguite e studiante tante. Una è davvero singolare: la storia cristiano-cattolica la chiama cometa.
Tra fonti approvate dalla Chiesa cattolica e leggende, la storia dei magi si inserisce a pieno titolo nel filone del conflitto tra disastro e desiderio, una dicotomia che accompagna spesso i racconti. Il modo in cui la vicenda dei Magi incarna quella contrapposizione è davvero calzante. Se disastro si riferisce ad una situazione non accompagnata da buoni auspici o legata ad una stella nefasta, dunque non propizia per chi scruta il cielo, desiderio ha un significato simile, ma al contempo opposto: percepire la mancanza di stelle - che è appunto la chiave etimologica di "desiderio" - è la condizione preliminare per muoversi verso astri nascosti. Traslato, si direbbe assecondare una vocazione. In pratica, dare seguito ad una speranza.
La letteratura è piena di viaggiatori che fanno rotta da Oriente. Nel caso dei magi, i punti di partenza differiscono ma la meta è la stessa per tutti e tre. La stella di Betlemme, quella che Giotto dipinge nella padovana cappella degli Scrovegni, ha un significato religioso, ma anche esistenziale: è lì a dimostrare la luminosità della perseveranza in una visione. Jorge Mario Bergoglio crea un termine per spiegare la particolare forma di desiderio provata dai tre: "nostalgiosi di Dio". I magi hanno quindi percepito Dio, ma ne provavno nostalgia. Forse perché non l'hanno ancora visto. E per questo s'incamminano: "Raffigurano - ha detto il Papa ormai tre anni fa - il credente 'nostalgioso' che spinto dalla sua fede va in cerca di Dio, come i magi, nei luoghi più reconditi della storia". I sapienti - magi sta per "sapienti" prima ancora che per "re" - non accettano lo status quo del disastro - di un panorama senza cielo stellato - disegnano mappe nuove e partono.
Qualche millennio dopo, alcuni astronomi ammettono la contemporaneità di una singolare congiunzione astrale e la nascita di Gesù Cristo. Quello dei magi è un episodio evangelico, ma pure un'avventura che stimola l'immaginario. La loro è una scommessa. Il 7 a.C è forse quello della congiunzione astrale che ha mosso i tre. E i magi scommettono sulla venuta del Messia, tanto da comunicarlo ad Erode, prima tappa del loro arrivo a Betlemme. A raccontarlo è Matteo nel suo Vangelo, al netto delle interpretazioni che seguiranno. All'epoca non c'era evidentemente troppa preoccupazione per il diffondersi dell'esclusive prima del tempo previsto.
L'evangelista scrive di magi, senza fornire contezza sulla cifra esatta. Poiché ci troviamo dinanzi ad oro, incenso e mirra in qualità di doni, allora la tradizione decide di schierarne tre. I nomi sono quelli che conosciamo, anche se le fonti in merito possono non essere prese alla lettera. Pure Benedetto XVI, in uno dei discorsi pronunciati alla Gm di Colonia, presenta la sua spiegazione: "Siete giunti - argomenta a braccio il tedesco parlando ai tanti giovani che hanno animato quella edizione - da varie parti della Germania, dell’Europa, del mondo, facendovi pellegrini al seguito dei magi. Seguendo le loro orme voi volete scoprire Gesù. Avete accettato di mettervi in cammino per giungere anche voi a contemplare in modo personale e insieme comunitario, il volto di Dio svelato nel bambino del presepio". Il pontefice tedesco pone poi gli accenti sulle difficoltà superate dai sapienti per arrivare al cospetto di Dio: "Ora che erano vicini alla meta, non avevano da porre altra domanda che questa. Anche noi siamo venuti a Colonia perché sentivamo urgere nel cuore, sebbene in forma diversa, la stessa domanda che spingeva gli uomini dall’Oriente a mettersi in cammino".
La domanda cui l'ex Papa si riferisce è ingombrante: "dov'è il re dei giudei che è nato?". Lo stesso quesito accompagna chi si mette in viaggio di questi tempi.
Un po' come nel caso di Melchiorre, Gasparre e Baldassarre, domandarsi oggi dove sia il re dei giudei significa per la teologia ratzingeriana evitare il disastro di un'esistenza terrena senza stella. Intraprendere un cammino, anche complesso e denso d'ostacoli, pur di poter rivolgere la domanda che fornisce il tutto al senso.
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