Il coraggio di scrivere l'indicibile

Immaginate di prendere intellettuali e accademici e di dare loro il titolo di un tema, «Non aver paura di dire...», a libero svolgimento. Lo ha fatto Sandro Giovannini (patron della casa editrice Heliopolis) con esiti impressionanti. In quaranta hanno raccolto il suo guanto di sfida. Mettendo da parte il timore di esporsi hanno espresso i loro pensieri più profondi, e più «scomodi». Ne è scaturito un volume ( Non aver paura di dire... , a cura di Sandro Giovannini, Heliopolis, pagg. 130, euro 50) prezioso per due motivi. Perché sommario dei totem e dei tabù, del politicamente corretto e scorretto, che ammorbano il Paese. E perché piccola opera d'arte, tirata in 200 esemplari, impreziositi da copertine in legno di rovere e di ciliegio, con incisioni in rilievo e trapassi a laser.

Se Claudio Bonvecchio ricorda, nel suo contributo, come «chi “canta fuori dal coro” sia sempre maledetto» e come la «politica sia ormai ridotta a occupazione per mediocri e faccendieri», Riccardo Campa argomenta come la prostituzione dovrebbe essere legalizzata. Se Vittorio de Pedys sostiene che l'attuale Costituzione andrebbe abolita e che gli immigrati andrebbero fermati prima che approdino alle nostre coste, Gianfranco de Turris afferma che la Resistenza fu immorale «perché sono immorali tutte le guerre fra fratelli» e che «i partigiani comunisti si batterono col fine di instaurare sul suolo italiano una feroce dittatura marxista». Mentre Marcello Veneziani intimamente confessa l'amara inutilità di tentare ennesime «avventure storiche e civili perché non è più il nostro tempo». C'è poi chi, come Marco Vannini, spinge il proprio «non aver paura di dire» ben oltre il meta-politico, scrivendo, in un testo abissale, della «menzogna religiosa» e degli «anticristi che sono tra noi: mentitori spudorati che stanno ai vertici delle Chiese, tra i “teologi” e i “pastori”».

Ma quest'opera, al di là dell'occasione intellettuale, è molto più sottile. Per coloro che vi hanno partecipato si configura come uno scandaglio di verità. Dichiarare apertamente di non aver paura di dire qualcosa significa affrontare, per un uomo di cultura, il proprio problema più grande.

Significa andare oltre la natura sempre menzognera (come recita il Salmo 115 e come ricorda la mistica) dell'individuo. Significa gettare uno sguardo nella parte più intima e paurosa del proprio io, iniziando un viaggio verso la più vera e profonda verità di pensiero.

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