Nei mesi di giugno e luglio scorsi il Complesso del Vittoriano di Roma ha ospitato la mostra DICÒ | Combustioni: un'antologica a cura di Lamberto Petrecca dedicata ad uno degli artisti più dirompenti ed originali dal panorama italiano ed internazionale, che rappresenta ad oggi una delle più innovative manifestazioni artistiche del Neo-Pop.
La mostra ha riscosso un grande successo sia di pubblico che di critica, facendo registrare picchi di presenze inaspettati. Anche la tv non è rimasta insensibile a questa esplosione d'entusiasmo per le opere di DICÒ: durante la mostra sono stati infatti realizzati servizi televisivi ad opera del Tg1, del Tg5, di Sky News e di alcune tv straniere.
Sono state esposte circa 40 opere, alcune delle quali presentate per la prima volta al pubblico che si é potuto così immergere in un originale universo espressivo che unisce gli echi di Warhol e Burri con la Street Art.
Formatosi tra Roma e gli States, DICÒ assorbe infatti gli stimoli più vari: dal figurativo al materico, dal geometrico al concettuale. In particolare, grazie ai viaggi in America, la Pop-Art diviene la sua area di riferimento privilegiata e assorbe nuove suggestioni visive che confluiranno in uno stile creativo del tutto originale. Rispetto alla Pop-Art di Warhol, DICÒ compie un percorso inverso. Egli, infatti, avvolge i ritratti di personaggi famosi assurti a icone del proprio tempo e monumenti altrettanto iconici in una lastra di materiale plastico che viene poi bruciato e piegato, dando all'opera una prospettiva nuova e tridimensionale. Come sottolinea il curatore Lamberto Petrecca, "DICÒ utilizza i miti già ampiamente massificati dai media e li trasfigura rendendoli nuovamente unici grazie alla combustione... Il fuoco, quindi, diventa il medium attraverso il quale donare nuovamente all'opera d'arte l'aura perduta per eccesso di riproduzione. Dalla molteplicità all'unicità". Con Warhol si andava invece dall'unicità alla molteplicità, perché la sua arte moltiplicava "la valenza unica di un mito riconosciuto come tale dalla società di massa — da Marilyn a Liz Taylor, da Mao alla zuppa Campbell — per darne una forma serigrafata riproducibile ad libitum". Le "Combustioni" di DICÒ non possono non far pensare anche ad Alberto Burri, anche se l'artista romano, come ricorda ancora il curatore, "rende plastici e combusti personaggi veri e reali. È la vita stessa — attraverso i suoi esponenti più noti — che si deforma e trasmuta in altro. I ritratti di DICÒ diventano così quasi Primi Piani cinematografici'. Da Burri e Warhol, DICÒ trae così una sintesi rigeneratrice che gli consente di ridare una vita nuova ai miti contemporanei: da Marilyn alla Gioconda, da Gandhi a Fidel Castro, da Mohammad Ali a Gianni Agnelli.
E inevitabilmente questo "Pantheon immaginifico" si estende alla contemporaneità dei cosiddetti V.I.P. . Sono infatti tanti i personaggi famosi che hanno voluto un proprio ritratto realizzato da DICÒ: da Penelope Cruz a Morgan Freeman, da Matteo Marzotto a Keanu Reeves, da Renzo Rosso a Javier Bardem, da Luisa Ranieri ad Antonio Banderas e tanti altri.
"E' proprio questo rinnovamento delle fonti — ricorda Vittorio Sgarbi nel suo testo critico in catalogo - che permette a DICÒ di esimersi dal mito consumistico, che pure non manca affatto di essere considerato, data la forza che ha conservato anche nella società dei nostri giorni, ma in un modo psicologicamente meno condizionato, fino al punto di arrivare a dissacrarne, per via pirica, le rappresentazioni, nel proposito di affermare la propria autonomia dagli automatismi omologanti della logica di massa".
Nel percorso artistico di DICÒ fondamentale è stato l'incontro con la Galleria Ca' d'Oro
co-diretta proprio da Lamberto Petrecca. E' con questa galleria che l'artista partecipa nel 2012 alla grande mostra collettiva "Omaggio a Marilyn" allestita a Roma e Miami nel cinquantesimo anniversario.
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