Gregory "Pappy" Boyington: la "Pecora Nera" dei piloti Marines

La storia di Gregory "Pappy" Boyington, l'asso dei Marines Usa e la vera "Pecora Nera" dei cieli

Gregory "Pappy" Boyington: la "Pecora Nera" dei piloti Marines

"Lo so sempre quando si attacca, perché apri il tettuccio e butti via la sigaretta, pochi minuti dopo succede inevitabilmente qualcosa". Queste poche parole di Bob McClurg, pilota dei Marines durante la Seconda Guerra Mondiale, basterebbero a caratterizzare un personaggio entrato nella leggenda dei piloti da caccia: Gregory Boyington, soprannominato “Pappy” o “Gramps” dai piloti della sua squadriglia - le “Black Sheeps” (Pecore Nere) dei Marines degli Stati Uniti - impiegata nel teatro del Pacifico durante quel conflitto.

Boyington nacque il 4 dicembre del 1912 nelle vicinanze di Coer d'Alene, Idaho. In parte Sioux, in parte irlandese, è stato il primo asso americano della caccia nella Seconda Guerra Mondiale volando su due dei più iconici aerei che siano mai esistiti: il Curtiss P-40 “Warhawk” ed il Vought F-4U “Corsair”. Durante la sua carriera ha ricoperto incarichi di ufficiale in un paio dei più famosi degli stormi da caccia degli Stati Uniti, come vedremo, e probabilmente è uno dei pochi esseri umani nella storia militare ad essere stato decorato con una medaglia d'onore che gli era stata originariamente conferita postuma. I suoi genitori divorziarono quando era giovane e Boyington ha avuto una vita piuttosto dura da bambino, ma a sei anni ha avuto la fortuna di fare un giro con un pilota di barnstormer (quegli acrobati itineranti del cielo che compivano spericolate manovre per il pubblico) e quell'esperienza cambiò la sua vita per sempre.

Nel 1926 si trasferì a Tacoma, e frequentò l'Università di Washington, dove entrò nel Corpo di Addestramento Ufficiali della Riserva (Rotc), e praticò wrestling, boxe e football. Boyington, infatti, aveva un carattere “combattivo” che, nel corso degli anni gli procurò più di un grattacapo. Nel 1935 si arruolò nel Corpo dei Marines come aviatore e si guadagnò rapidamente la reputazione di un tizio con cui non voler assolutamente nulla a che fare. Oltre ad essere uno dei migliori piloti dei Marines, era anche un instancabile piantagrane: amava ubriacarsi, giocare d'azzardo e sfidare i suoi amici a gare di wrestling in mezzo a bar affollati.

Nell'agosto 1942 Boyington si dimise dal Corpo dei Marines per arruolarsi nell'American Volunteer Group, un'unità che oggi conosciamo come Flying Tigers (le Tigri Volanti di Claire Chennault). L'Avg è stato essenzialmente il primo corpo di spedizione americano in quella guerra: un'unità di piloti e meccanici volontari che volava per conto dell'esercito nazionalista cinese di Chiang Kai-Shek per combattere l'invasione giapponese della Cina. Nell'autunno del 1942 Boyington insieme ad altri piloti raggiunsero Rangoon, in Birmania, sotto copertura (quella di un pilota aereo commerciale per Klm Airlines).

Boyington e gli altri piloti delle Tigri Volanti volavano sul P-40 Warhawk caratterizzato da un'inconfondibile e unica “bocca di squalo” sul muso. Il P-40 non aveva le stesse prestazioni del suo avversario nipponico, l'A6M “Zero”: non era altrettanto manovrabile in virata, ma aveva il pregio di poter picchiare più rapidamente ed era più pesantemente armato, oltre che essere dotato di un abitacolo blindato, fattore fondamentale per la sopravvivenza in combattimento. I piloti giapponesi, tuttavia, avevano un grande vantaggio sugli americani: l'esperienza di combattimento. Lo stesso Boyington scrisse nel suo libro autobiografico “Baa Baa Black Sheeps” : “Posso dirti per esperienza diretta che i migliori uomini che abbiano mai pilotato un aereo in combattimento erano i giapponesi, in particolare i piloti della Marina Imperiale. Quei ragazzi non erano uno scherzo. Se sbagliavi, eri finito, fine della storia”.

Durante i suoi primi mesi nel teatro cinese, Boyington dimostrò da subito di avere la stoffa dell'asso dell'aviazione: fece registrare sei abbattimenti di aerei nemici, il che lo renderebbe il primo asso dei caccia statunitensi della Seconda Guerra Mondiale. Il carattere “ribelle” di Boyington, però, gli procurò una serie di guai. Una volta, durante uno spettacolo aereo, effettuò un passaggio a volo radente talmente basso sul “palco” di Chiang Kai-Shek che il presidente cinese, sua moglie e l'ufficiale in comando dello stormo caddero tutti dalle loro sedie (forse è da questo episodio che Tony Scott prese ispirazione per la famosa scena del suo film “Top Gun”). L'asso trentenne – da qui il soprannome di “Pappy” affibbiatogli successivamente – era avvezzo a dare del tu alla bottiglia: sotto l'influsso dell'alcool Boyington si abbandonava a risse e discussioni “animate” coi superiori.

Nel 1943 ebbe un acceso scambio di opinioni con il suo comandante, che finì per costringerlo alle dimissioni dalle Tigri Volanti in modo disonorevole. Fortunatamente per lui, gli Stati Uniti erano formalmente nella Seconda Guerra Mondiale a quel tempo, quindi il vecchio asso brizzolato entrò immediatamente in un ufficio di reclutamento per arruolarsi nuovamente nei Marines venendo subito inviato come tenente nello stormo da caccia Vmf-122. Ancora una volta, per via della sua assoluta mancanza di disciplina, Boyington, dopo l'ennesimo “litigio” col suo superiore, venne allontanato dall'unità, non prima però di essere precipitato restando gravemente ferito, tanto che i medici gli dissero che non sarebbe più stato in grado di camminare. L'uomo però, oltre ad avere stoffa, ha anche “fibra” e ad agosto del 1943 è di nuovo dentro l'abitacolo.

Proprio a questo punto comincia la leggenda delle “Pecore Nere”. Il comando del Pacifico, per sfruttare al meglio il materiale umano a disposizione in quel delicato momento della guerra, affidò a Boyington il compito di formare un nuovo stormo. L'unità sarebbe diventata forse la più famosa squadriglia di aviazione del Corpo dei Marines: il Vmf-214, la “Black Sheep Squadron”.

Lo stormo inizialmente era composto da 26 piloti: tra di essi alcuni veterani della Royal Canadian Air Force, un ufficiale di polizia di Los Angeles e un paio di piloti della Marina che si erano già guadagnati un paio di abbattimenti di aerei nemici, e, come già detto, volavano sugli F4U “Corsair”.

Il Corsair è stato, senza ombra di dubbio, uno dei migliori caccia di quel conflitto: messo a punto anche sfruttando le lezioni apprese dal confronto con gli Zero nipponici, il velivolo era una macchina in grado di surclassarli sotto quasi ogni aspetto. Costruito praticamente in funzione dell'enorme motore radiale a 18 cilindri da 2450 Cv (nella versione 4), aveva una velocità massima di 718 Km/h ma soprattutto era agile e “saltava come un puledro”.

La sua prima missione fu il 14 settembre 1943, quando il suo stormo scortò un gruppo di bombardieri in picchiata in un raid contro una base giapponese. Due giorni dopo, Boyington divenne uno dei pochissimi aviatori americani a diventare un “asso in un giorno”, il che significa che abbatté cinque velivoli nemici in una singola missione. Dalla base Russell, nelle isole Salomone, decollarono 19 Corsair di scorta a una formazione di bombardieri diretti al campo di aviazione Ballale, nella parte meridionale di Bougainville. I giapponesi fecero levare in volo una quarantina di Zero e subito iniziò la “baruffa”. Boyington, attaccato, riuscì a disimpegnarsi e ad abbattere il caccia nemico con una rapida e precisa scarica delle mitragliatrici da 12,7 millimetri del suo Corsair. Sulla via del ritorno venne inquadrato da un secondo Zero, ma con un'abile manovra riuscì a mettersi in coda e a fare fuoco. Seconda vittoria. Poco dopo si trovò davanti un altro caccia nemico ma contemporaneamente vide un altro Zero sopra di sé che inizia a seguirlo. Boyington con un looping e un mezzo tonneau gli si mise in coda, in posizione perfetta. Terza vittoria. A quel punto decise di ritornare alla base ma notò un altro Zero, che stava volando isolato a una quota più bassa. Gli si avventò addosso come un falco. Quarta vittoria. A corto di carburante, mentre stava per atterrare sulla pista di Munda, vide due Zero che stavano inseguendo un Corsair. Senza indugiare si scagliò contro di essi abbattendone uno e mettendo in fuga l'altro. Quinta vittoria.

Il 17 ottobre 1943, 26 Corsair del suo stormo ingaggiarono e abbatterono 20 Zero nemici senza perdere un solo uomo. Boyington stava guidando il suo gruppo di volo quando ricevette un segnale radio da un aereo giapponese che stava simulando una chiamata di aiuto in inglese facendosi passare per una nave americana sotto attacco. Boyington rispose al pilota giapponese dando la sua posizione, ma comunicando un'altitudine diversa: 5mila piedi più in basso di quella alla quale stavano volando i caccia dei Marines. I cacciatori vennero così intrappolati nella loro stessa trappola. Quando gli aerei giapponesi giunsero sul luogo dell'imboscata, si ritrovarono i Corsair addosso con il sole alle spalle: dodici Zero vennero abbattuti in pochi minuti di combattimento.

In un periodo di tre mesi il Vmf-214 fece segnare ben 197 aerei nemici distrutti o danneggiati confermati, oltre a dozzine di navi della Marina Imperiale, da trasporto e bersagli terrestri. Lo stesso Boyington a fine guerra fece registrare 22 abbattimenti, che sommati ai sei conseguiti con le Tigri Volanti di Chennault portano il suo totale personale complessivo a 28, sebbene altre fonti riportino 27 e altre ancora 26.

Nel gennaio del 1944 la fortuna però voltò le spalle a “Pappy”. Il 3 di quel mese, durante una missione su Rabaul, Boyington e il suo gregario, George Ashmun riuscirono ad abbattere al primo passaggio uno Zero ciascuno, scendendo però sotto la fitta coltre di nuvole e perdendo così il contatto col resto della formazione. Ashmun venne quindi colpito da altri caccia giapponesi e, in fiamme, cominciò a perdere quota, attaccato continuamente da diversi avversari. Boyington si gettò in suo soccorso picchiando immediatamente sugli Zero che lo stavano inseguendo abbattendone uno, ma venne a sua volta colpito e costretto a lanciarsi da 60 metri di quota. Riportò diverse ferite alla testa, alla spalla e alla gamba mentre il suo aereo precipitò nell'oceano.

Questa fu l'azione che gli valse la Navy Cross e la Medal of Honor, attribuitagli per il suo eroismo sotto l'intenso fuoco nemico. Dato per morto, Boyington venne raccolto da un sottomarino giapponese e fatto prigioniero. Sopravvisse anche al suo affondamento, 13 giorni dopo la cattura, ma finì comunque la guerra in un campo di prigionia in Giappone. Il campo fu liberato il 28 agosto 1945 e “Pappy”, a quel punto, poté ricevere le decorazioni che gli erano state assegnate “postume”.

Dopo la guerra continuò a lottare contro la sua dipendenza dall'alcool e la sua vita ebbe fortune alterne sino alla morte, sopravvenuta a gennaio del 1988 all'età di 75 anni dopo due decenni di lotta contro il cancro.

Nonostante i combattimenti e la prigionia, non serbò mai rancore per il nemico: dopo la guerra ebbe a dire, in merito, che “se qualcuno oggi mi chiede cosa penso dei giapponesi, sono convinto che si attenda da me una risposta che esprima l'odio verso questa gente, soprattutto per quello che hanno fatto a noi prigionieri nel campo di Ofuna, e che io li definisca primitivi, brutali e sciocchi.

Tuttavia penso che negli Stati Uniti si trovino persone altrettanto primitive, brutali e sciocche. Questa tipologia di gente si trova ovunque intorno a noi”.

Gregory “Pappy” Boyington riposa oggi al cimitero nazionale di Arlington: la prima e unica “Pecora Nera”.

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