Il desiderio è forse una delle spinte più potenti nella nostra vita. Proviamo questo sentimento tutti i giorni nelle modalità più disparate. Da quello di un pezzo di cioccolato, al diventare ricchi. Sono infinite le spinte a "desiderate" qualcosa che possa, secondo il nostro pensiero, migliorare la nostra vita. Esistono però vari livelli di desiderio, alcuni di questi ad esempio, possono connettersi al nostro io più profondo, e aprirci un mondo interiore capace di mostrare meraviglie di noi stessi. Con l'anno appena iniziato, è il momento più giusto forse per imparare a volere e ottenere davvvero quello che desideriamo. A spiegare come fare, nella nostra intervista, è il filoso, scrittore e drammaturgo Igor Sibaldi che ha rielaborato una tecnica chiamata dei "101 desideri". Il fatto che si avverino tutti, è solo la parte minore di quello che può cambiare di noi stessi.
Che differenza c'è tra volere e desiderare?
"Desiderare è un po' di più di volere. Volere significa guardarsi intorno e preferire una cosa ad un'altra. Viene dal latino de-siderare, che letteralmente significa: non sottomettersi (de-) ai poteri superiori, (alle sìdera), agli astri, alle autorità, alla sorte. Quindi desiderare è volere quello che ancora non c'è nell'ambiente circostante. Per esempio, in un supermercato potresti volere qualsiasi cosa ci sia in vendita, ma potresti desiderare “una cavalcata su un cammello”.
Perché nella nostra cultura "Io Voglio" sembra quasi una sorta di presunzione?
"Siamo stati 'addestrati' a dare più importanza ad altri verbi: dovere e potere. 'Il dovere prima di tutto', l'abbiamo imparato fin dalle elementari. Non che ci sia niente di male nel senso del dovere, ma quando questo diventa una scusa per non domandarci cosa ci piace, cosa vogliamo, cosa desideriamo, allora cominciamo a perdere il contatto con noi stessi, e ben presto va a finire che non sappiamo più chi siamo. Spesso è molto comodo non sapere chi siamo davvero, si hanno meno problemi, si pensa meno, si obbedisce più facilmente. Ma è una disonestà nei nostri confronti. Se lo facciamo, è perchè siamo convinti che essere onesti con noi stessi, non sia importante. Potere in italiano è un verbo deprimente, non si capisce mai se significa avere la capacità (come l'inglese can) oppure avere o darsi il permesso (come l'inglese may). Il più delle volte il significato che prevale è quest'ultimo, con la triste conseguenza che noi, il più delle volte, crediamo di avere la capacità di fare solo quello che ci viene permesso, e non ce ne accorgiamo. Non per nulla, nella grammatica italiana, dovere e potere si chiamano 'verbi servili'. Naturalmente influenzano molto il nostro modo di usare il verbo volere, tanti vogliono soltanto quello che devono o possono volere".
Rispetto a questo lei ha parlato spesso della tecnica dei 101 desideri, come funziona?
"È una magnifica tecnica di autoanalisi, che ho trovato quasi trent'anni fa in un libro statunitense, 'The Aladdin Factor', di Canfield e Hansen, e che ho poi rielaborato. La spiego nei dettagli in molti video, su Youtube e nel mio sito igorsibaldi.com. Si basa secondo me, sul principio che per crescere ed evolversi, conviene scoprire nei dettagli cosa ci piace di più. Quanto più quello che ci piace ti sembra impossibile, tanto più aumenta la nostra creatività, in tutti i sensi di questo termine. È un principio interessante, perché contrasta con le convinzioni educative e religiose, secondo cui non dobbiamo fidarci di quello che ci piace perché ci porterebbe su cattive strade. Invece se lo facessimo, scopriremmo i nostri talenti e saremmo di grande aiuto all'umanità intera".
Perché funziona?
"Garantisco che funziona egregiamente come tecnica di autonalisi. Poi ho constatato e tanti mi hanno detto, che dà anche risultati pratici: quello che uno chiede seguendo questa tecnica, spesso si realizza. Penso che dipenda da quell'aumento di creatività di cui dicevo poco fa. Se accetti di sapere cosa desideri, il tuo orizzonte si allarga, e vedi possibilità che prima non vedevi. Se ci si limita soltanto al dovere e potere, l'orizzonte si riduce".
Invece se non funziona c'è un perché?
"Sì. Non funziona quando invece di chiedersi quello che desideriamo, chiediamo quello che dobbiamo e crediamo di voler desiderare".
Si dice che la felicità sia nelle piccole cose, eppure spesso siamo felici quando possiamo ottenere cose. La strada è sbagliata o in realtà è quella giusta?
"Penso sia sbagliato porre troppa attenzione sull'avere. L'avere annoia molto rapidamente. È molto meglio desiderare di fare, di scoprire, di essere. Conviene scegliere questi obiettivi pensando il più possibile in grande. Tanto pensare in piccolo o in grande costa la stessa fatica".
Uno dei suoi corsi è quello sulle ombre oscure, di cosa si tratta?
"Il termine viene dalla psicologia di C.G.Jung. L'ombra, secondo Jung, è il nostro nemico interiore, che ci ostacola enormemente quando non riusciamo a vederlo. Seguendo questa idea, ho elaborato un modo di andare a 'caccia' delle proprie ombre, e non per distruggerle, ma per sentire le loro ragioni e trasformarle. Mi risulta che ogni nostra ombra (e tutti ne abbiamo alcune) sia in realtà un nostro talento trascurato e rifiutato molto tempo fa, che adesso soffre e chiede attenzione".
Quanto è complicato essere felici?
"Dipende da cosa si intende con la parola 'felice'. Alcuni pensano che significhi 'contento', e allora secondo me diventa una pessima cosa. Chi è contento, ha finito ed è finito. È bella la parola inglese happiness, che viene da 'happen' ovvero succedere. Chi è happy, è pronto a far sì che le succededano molte cose. Per molti è complicato, perché preferiscono che a loro non succeda nulla di nuovo, e che tutto sia com'era l'altro ieri, o prima ancora".
Parlando figuratamente, gli uomini sembrano quasi delle divinità dai grandi poteri, che in realtà non usano perché preferiscono soffrire.
"Speriamo di no. Dio è sempre stato un traguardo evolutivo. Se siamo già divinità, abbiamo smesso di evolverci e il mondo andrà avanti senza di noi. Sulla voglia di soffrire, sì, sono d'accordo. Abbiamo imparato a soffrire benissimo, ci viene facile. Essere 'happy', invece, per noi è una cosa nuova e fa un po' paura".
Quali sono i primi passi per scrollarci di dosso il dolore?
"Oggi non bisogna. Non provare amarezza significherebbe essere indifferenti alla brutta situazione in cui ci troviamo, determinata non solo dal Covid ma dalle ossessioni che il virus e la propaganda, hanno determinato da quasi due anni. L'amarezza non va nascosta. Serve a trovare più forza per reagire, per cambiare".
Stare male è sempre una nostra scelta? Non potrebbe essere ad esempio la causa di un destino avverso?
"Destino è una parola grossa. Diciamo circostanze. E sensibilità. Ci sono circostanze avverse e, dicevo, è bene accorgersene. Poi si tratta di scegliere, se crogiolarsi in questo nuovo motivo di sentirsi infelici, o domandarsi: 'A me cosa piace fare per cambiare la situazione?'".
So che lei è un grande amante dei gatti. Si pensa che siano animali capaci di insegnarci a vivere nel modo migliore. Lei cosa ne pensa, possono essere considerati in questo caso magici?
"Sì, sono d'accordo. Un buon gatto, fa concorrenza a qualsiasi bravo genitore, nel prendersi cura della nostra intelligenza, sensibilità, introspezione.
Vuole che siamo saggi, e non lo fa solo per ringraziarci dei croccantini. I gatti sono un magnifico caso di collaborazione tra specie (specie felina e specie umana) su un piano di assoluta parità. Non so se sia magia, ma è sicuramente amore".
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