Sono passati solo alcuni anni dacché un insolito destino mi ha dato la possibilità di vedere paesaggi stranieri, volti stranieri, il sole e la nebbia, monti, valli e mare. Anche i luoghi inospitali si sforzavano di rendermi per così dire affascinante questa loro asprezza, mi sorridevano sfacciati. E che si dovrebbe dire allora dei paesaggi usuali? E le navi verniciate di bianco nei porti mi aspettavano come spose. E come buoni amici che divengono velocemente affabili, i treni mi portavano oltre mille miglia e mi consegnavano servizievoli alla stazione in cui volevo scendere. Gradualmente si formò dunque in me l'opinione che m'intendevo del mondo o almeno di una gran parte di esso. E immaginavo di conoscere proprio bene anche gli uomini. Hanno infatti la caratteristica di rendersi disponibili, se si va loro incontro, e se si è giunti, senza pretendere la loro ospitalità, ti seccano con la loro accoglienza. Allo stesso modo in cui i luoghi inospitali avevano cura di offrirmi a piene mani la loro asperità, con commossa franchezza anche gli uomini sgradevoli si manifestavano come tali. Da quando sono costretto ad astenermi dai paesini, dalle navi, dai treni, dalle guardie di confine e, appoggiato al mio consunto bastone da viandante, me ne sto fermo da mesi immemorabili nello stesso posto, in questa taverna a un angolo di strada che proprio non abbandono, ho imparato a poco a poco a riconoscere l'imperfezione della mia prima consapevolezza del mondo e delle persone. A un solo angolo di strada di un tranquillo quartiere accadono così tante cose, tante particolari e tante usuali come in tutto il mondo; e io lo comprendo meglio. E si desta in me il vergognoso sospetto per un viaggiatore, ossia che i nativi dei luoghi che ho visitato un tempo mi hanno conosciuto meglio di quanto io non sia riuscito con loro. Chi sta fermo e persevera, vede molto. E chi va e viene: cosa avrà visto mai?
Adesso conosco tra la gente questo e quello che vive in questa zona, quanti entrano nella taverna e quanti passano davanti a loro, e un'emozione da poco, che sarebbe brutta se non mi sforzassi di dare a me stesso l'inclinazione a un pietoso desiderio di sapere, mi impone di guardare e ascoltare. Oh, non vorrei essere nessuno che origlia al muro, ma una parete che abbia orecchie e occhi innocenti non ha colpa. E questa parete sente e vede cose sorprendenti.
Quando le persone sono da sole, il fulgore abbandona questo e quello, e non solo nell'aspetto esteriore. E le persone sono così sole, quando tirano a diritto. Quel che uno dei miei amici, un impiegato postale allo sportello vicino, vede in due giorni e mi racconta in mezz'ora, io non ho potuto farne esperienza in diciotto treni espressi e neppure sui treni passeggeri. Siede dietro lo sportello, siede e persevera. Così sono soliti stare vecchi paralizzati nella loro carrozzina al sole davanti alle porte delle loro case, e di loro si dice che non sanno nulla perché non vanno da nessuna parte. Mentre sanno certamente più di uno che gira. E quel che è davvero essenziale non può accadere diversamente in nessun luogo dell'intero vasto mondo rispetto a quanto avviene a un solo angolo di strada di una sola città. Tanto poche insignificanti variazioni ci sono nel genere umano quanto negli umani accadimenti! Pure l'inaudito che qua e là avviene di questi tempi ha il suo modello originario nel comune litigio di due uomini per una donna o per denaro o entrambi, al mio angolo di strada. E i dittatori, i potenti, i loro seguaci, i loro avversari e quelli che non si schierano, i giudici imparziali non ne scappano.
Oh,
non che io faccia un vanto particolare proprio del mio angolo di strada. A ogni altro potrebbe succedere lo stesso; si potrebbe fare esperienza della stessa cosa o di una simile. Ma si dovrebbe una buona volta scriverne.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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