L'Italia fortezza islamica Ma la rivolta è nell'aria

Ecco il capitolo conclusivo della saga ucronica che immagina la Penisola divisa in due e il Sud in mano al partito islamico

L'Italia fortezza islamica Ma la rivolta è nell'aria

Come ha giustamente scritto Massimiliano Parente commentando i romanzi del Premio Strega, gli autori italiani che vanno per la maggiore, soprattutto i trenta-quarantenni rampanti, non osano affrontare temi di peso, ma si limitano a girare intorno al proprio ombelico, sono autoreferenziali, scrivono romanzi per la loro cerchia intellettuale, rifuggono da argomenti significativi che potrebbero però essere troppo imbarazzanti dal punto di vista del politicamente corretto. Sicché per trovare qualcosa di impegnativo paradossalmente spesso occorre riferirsi a quella che oggi si definisce «letteratura di genere» (ma anche qui non è che il conformismo sia assente!).

Ad esempio, chi in Italia ha osato parlare del problema dell'islam jihadista, della immigrazione incontrollata, delle conversioni degli occidentali, del terrorismo suicida? A me risulta soltanto un autore che da mezzo secolo e più scrive con regolarità di fantastico, fantascienza, poliziesco, spionaggio, orrore: Pierfrancesco Prosperi che ultimamente si sta concentrando sulla storia alternativa (o ucronia) e in questa vena ha iniziato otto anni fa una serie edita da Bietti: La moschea di San Marco (2007), La Casa dell'Islam (2009), cui adesso si aggiunge La terza Moschea (2015).

Il libro esce proprio nell'anno in cui l'Italia immaginata da Prosperi imbocca una strada diversa da quella che conosciamo: alle elezioni politiche del 2015, infatti, esce come quasi vincitore il Partito della Verità dei musulmani italiani e soprattutto dei convertiti, grazie anche ad una serie di trucchi diabolici per condizionare il giudizio dell'opinione pubblica. Il commissario Visconti scopre la machiavellica trama ma è troppo tardi. Nasce così la Repubblica Islamica italiana che ha addirittura l'appoggio del nuovo Papa in un ecumenico abbraccio. Questo ne La moschea di San Marco . Nel successivo La Casa dell'Islam sono trascorsi cinque anni e nel 2020 il governo cerca a tutti i costi di islamizzare gli italiani grazie anche all'occhiuta Vigilanza Islamica, ma chi resiste è soprattutto la gente comune che non vuole abbandonare un suo modo di vivere consolidato. A causa di un attentato suicida spettacolare in diretta TV che uccide ilo candidato islamico alla presidenza del consiglio, le elezioni politiche sono sospese e proclamate leggi eccezionali. Il Nord-Est decide la secessione. L'Italia è divisa a metà.

Passano altri cinque anni, siamo nel 2025 ed è la storia raccontata da questo La terza Moschea , dove è sempre protagonista il commissario Visconti, che nel frattempo è stato in galera perché considerato complice della «kamikaze cristiana» del precedente episodio. Viene liberato per uno scambio di prigionieri tra le due Italie (separate da una lunghissima barriera elettronica), viene portato a Nord dove risiede il fratello e impiegato nei servizi segreti. La storia si complica e Prosperi mette in campo la sua abilità di intrecciare piste vere e false, personaggi dal doppio e triplo gioco, complotti politici, intrighi internazionali (la repubblica federale del Nord è infatti appoggiata economicamente dalla Cina). Insomma, Visconti viene rispedito in incognito a Roma dove si sovrappongono a loro stessa insaputa due complotti: uno per inquinare gli acquedotti della capitale, il secondo, organizzato dalla fazione salafita del partito islamico al governo, per far saltare la Grande Moschea di Roma in modo da poter vincere sull'onda dell'emozione - esattamente come nel 2015 - le elezioni politiche che, rimandate sempre di anno in anno, si dovrebbero finalmente svolgere. Il primo attentato viene sventato rocambolescamente da Visconti all'ultimo istante, il secondo non viene avallato dal capo del governo islamico che si oppone agli estremisti interni in una drammatica resa dei conti. Un aereo non si abbatterà sulla Grande Moschea e gli italiani, arcistufi dell'«islamicamente corretto» e delle angherie politico-religiose del Partito della Verità, lo manda a casa dopo dieci anni di potere.

Come sempre Prosperi scrive in maniera sciolta ed avvincente, scandita come suo uso da capitoli secchi e brevi che si susseguono serrati, attentissimo ai particolari logici della vicenda, alla verosimiglianza di una Italia parallela islamizzata (spesso si tratta di fatti, non inventati, verificatisi nella nostra realtà, ma che messi tutti insieme danno da pensare), alla psicologia dei personaggi, come il deluso Visconti, ma anche alla mentalità degli uomini del potere o dei convertiti fanatizzati, e anche a quella di una opposizione imbelle e chiacchierona e di una Chiesa cattolica ridotta al lumicino per troppo ecumenismo e buonismo. Insomma, non sembra di leggere un romanzo di storia alternativa, di una Italia che non c'è ma che avrebbe potuto essere, bensì di leggere un romanzo realistico che racconta storia avvenuta sul serio.

La conclusione de La terza Moschea è aperta: all'orizzonte sembrerebbe profilarsi la riunificazione delle due Italie dopo la sconfitta del partito islamico. Però… Però quando Prosperi aveva finito di scrivere questo terzo romanzo nel 2012, non erano avvenuti i fatti del 2014, vale a dire la nascita apparentemente improvvisa dell'Isis e l'affermarsi del Califfato con le sue mire egemoniche e l'odio nei confronti dell'Occidente e delle altre religioni non islamiche o delle sette non ortdosse. La Realtà urge e preme sulla Fantasia che peraltro di essa si nutre e da essa fa sorgere le sue ipotesi. Quindi forse ci sarà un quarto romanzo, ben diverso però da quello che in origine lo stesso autore poteva aver pensato. E infatti, in una intervista a La Biblioteca di Via Senato dello scorso febbraio ha affermato che la sua «era stata concepita come una trilogia, con un procedimento quasi filosofico: tesi-antitesi-sintesi. Non è però da escludere che la futura attualità, ovvero quella dell'immediato futuro, mi spinga a riprendere in mano la penna, anche se un po' il pensiero mi spaventa».

Vedremo. Quel che è certo è che Pierfrancesco Prosperi non è affetto dalla malattia minimalista della narrativa italiana corrente.

Abbiamo intorno a noi, e grazie al cielo non ancora in mezzo a noi, una storia sanguinaria e sanguinosa di fronte alla quale non si possono chiudere gli occhi. Ma, seppure «spaventati», ci vuole coraggio civile e culturale per farlo. E nella Patria del Doppiopesismo e del Politicamente Corretto chi ce l'ha?

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