Il mito salverà il mondo Da Ulisse fino a Skywalker

Il mito salverà il mondo Da Ulisse fino a Skywalker

Un giorno mentre attraversavo una valle solitaria e selvatica nella California del nord, mi venne indicato il ranch di George Lucas, il regista di Guerre stellari. Sapevo che Lucas aveva dichiarato di concepire la propria saga non come fantascienza ma come «mitologia trasportata nello spazio» e che aveva riconosciuto un debito esplicito nei confronti di Joseph Campbell (1904-87), il massimo studioso di mitologia comparata al mondo. Ma non immaginavo che proprio lì, allo Skywalker Ranch, era iniziata l’intervista di Bill Moyers a Joseph Campbell che avrebbe dato vita a Il potere del mito (Neri Pozza, pagg. 341, euro 16,50). Un libro che consiglio vivissimamente a chiunque voglia capire l’essenza del mito come forma di conoscenza che pone domande capitali sul senso della società, dell’anima umana e del cosmo.
Guru garbato e del tutto lontano da ideologie e proclami, ma anche appassionato e fascinoso, vero e proprio maestro di saggezza, Joseph Campbell coniuga nelle sue risposte a Moyers il proprio sapere con una attitudine a interpretare in chiave mitologica la realtà contemporanea in tutte le sue manifestazioni. E forse non è un caso che una delle figure più drammatiche e mondane divenute un mito del nostro tempo, Jacqueline Kennedy Onassis, fu interessata al suo pensiero tanto da propiziare l’uscita di questo libro-intervista presso la sua casa editrice newyorkese. La grandezza di Campbell, non ancora abbastanza riconosciuta in Italia, è la capacità di comunicare un messaggio forte, positivo, non settario, profondamente occidentale (dunque legato al primato dell’individuo) ma aperto verso tutte le culture del pianeta. Il mito per lui è il canto dell’universo, la musica delle sfere, la maschera di Dio, la metafora di ciò che sta dietro il visibile. Il repertorio dei miti diffusi in ogni parte della Terra, che nessuno conosce come lui nella sua vastità, è quello in cui si riflettono tutti i grandi problemi dell’uomo, senza differenze. Ed è la coscienza della ciclicità dei miti che permette all’uomo di identificarsi non con il suo gruppo locale, ma con il pianeta stesso.
A gente che passa la vita, legittimamente, a meditare sulla provenienza e il destino del proprio denaro, Campbell ricorda che il pensiero mitico è l’unico che può farci raggiungere un livello di coscienza superiore, cioè spirituale. Il mito sorregge e dà senso alle istituzioni: giudici, re, presidenti devono ricorrere a un rituale condiviso per legittimarsi. Dà senso alle religioni, che sono tutte vere se intese metaforicamente, e che sono più vicine di quanto sembri se lette nei loro retroterra mitici. Nel libro, c’è una esemplare analisi comparativa dei miti di creazione nella Genesi, nel Canto del mondo dei pellerossa dell’Arizona, nelle Upanishad degli indù e nei racconti delle tribù dell’Africa occidentale. Religiose per eccellenza, secondo Campbell, formatosi in ambito cattolico, sono l’esperienza del mistero e quella della compassione. Ma il libro parla anche dei riflessi che il mito ha nella nostra vita personale. La sua funzione è orientare la nostra azione, farci sentire che esiste un centro spirituale, una montagna sacra dalla quale ancora guardare fraternamente il creato, come il capo Sioux che accendeva il calumet e offriva la prima tirata al sole.
Campbell confessa che i suoi miti personali, da ragazzo, erano Douglas Fairbanks, divo del cinema cavalleresco e vitale, e un genio universale come Leonardo da Vinci. Strane ma proficue commistioni. Come quando, riferendosi alle figure eroiche di Guerre stellari, non esita a paragonare Dart Fener, la parte buia della forza, con il Mefistofele del Faust di Goethe. Questo è il bello di Campbell. La sua fiducia nella vita che continua, nell’energia, nel futuro, la sua convinzione che non è mai morto il bisogno di eroi, sotto qualunque veste si ripresenti, che il Santo Graal, alla fine, è un itinerario tra gli opposti, luce e buio, bene e male, il compimento della più alta potenzialità dello spirito umano, la scelta della luce e il tendere verso di essa. La fede nell’individuo porta Campbell a credere che la legge della maggioranza, decisiva per la democrazia, non ha senso nel campo dello spirito. E che la più alta avventura dello spirito è cercare la felicità.

Solo chi la cerca, chi ne conosce il segreto mitico, può sperare di trovarla. Ed è quasi un saluto, in questo libro colmo di saggezza, il monito che ci consegna: capisci con l’autoanalisi ciò che ti rende felice, e stagli vicino.
Anche leggere un libro così rende felici.

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