Michael Dahlie, classe 1970, vive a Indianapolis e insegna alla Butler University. Guida per gentiluomini all'arte di vivere con eleganza, suo esordio, ha vinto il Pen/Hemingway Award e il Whiting Writers' Award. Trascurabili contrattempi di un giovane scrittore in cerca di gloria (Nutrimenti) è il suo ultimo romanzo, in cui il protagonista Henry esprime la vena letteraria sulla scena hipster newyorchese, di cui mette in ridicolo vizi, tic e tendenze «alternative».
Il metodo per diventare scrittori?
«Nasconderti. Col portatile e i classici. E raccontare una storia che ami. Scrivi al meglio e appena ti pubblicano scrivi il prossimo. Suona ingenuo, ma il peggio per uno scrittore è cercare la formula segreta».
Come si riconosce uno scrittore appena entrati in una stanza?
«Se capisci subito che scrive, non è bravo. C'è un look da scrittore che la gente coltiva, la facciata utile a chi manca di talento e passione».
Quanto conta sapersi promuovere?
«Conta. Ma mai quanto una buona storia».
Il marketing è un aiuto o una droga?
«Lascio al mio editore la fatica di inventarsi bugie. Il progetto di far interessare gli altri a quel che scrivo mi fa venire voglia di gettarmi dalla finestra. Mi sento più felice in una stanza buia con il mio computer a scrivere di ciò che mi ossessiona. L'unico modo perché i lettori si interessino di te è seguire la passione e lasciar cadere le carte dove possono».
Esiste lo scrittore politicamente corretto?
«Io scrivo di gente che ha soldi anche se non ne ho e questo fa arrabbiare certi lettori americani superficiali, che non si sono ancora resi conto di quanto siano comunque ricchi rispetto al resto del mondo».
Ci sono lobby letterarie negli Stati Uniti?
«Come no! Ma sul lungo periodo non durano. Gli scrittori migliori scrivono per gli scrittori che continuano a vivere nella loro testa - Tolstoj, Thomas Mann - e per i futuri scrittori e poeti. Non per i contemporanei. Negli Stati Uniti l'elitismo artistico è temuto, tanto che a chi scrive opere di qualità letteraria non è nemmeno mai chiesto un parere politico o sociale. Molti grandi scrittori hanno cambiato il mondo. Molti però erano anche appassionati difensori, chessò, di Stalin».
C'era una volta, quando ero un giovane scrittore...
«Ho passato molti anni a New York come Grub Street Writer, scrivendo quello per cui mi pagava la gente.
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