«Non esistono assassini nati, solo vittime di vite cattive»

«Non esistono assassini nati, solo vittime di vite cattive»

Se il Truman Capote di A sangue freddo e il Fëdor Dostoevskij di Delitto e castigo si mettessero a scrivere insieme, ciò che ne verrebbe fuori forse non sarebbe tanto diverso dall'ultimo romanzo del francese Marc Dugain, Viale dei Giganti (Isbn, pagg. 316, euro 22,50), ricostruzione romanzata della storia vera di Ed Kemper. Uomo dallo straordinario quoziente di intelligenza, Kemper uccise barbaramente, fra il 1972 e il '73, i nonni, alcune studentesse e sua madre, prima di consegnarsi alle autorità, professandosi però «innocente». Si dichiarò infatti vittima degli abusi di una famiglia matriarcale e dell'assenza di figure maschili di riferimento, nella California post-hippie. Dugain aveva dimostrato tutta la sua forza narrativa già ne La stanza degli ufficiali, una cupa riflessione sugli orrori della guerra. Ora alza l'asticella, segnalandosi in un panorama letterario sempre più piatto.
Viale dei giganti sembra scritto da un romanziere Usa. È una sua scelta?
«Sono cresciuto nutrendomi di cultura statunitense e vado spesso negli Usa. Li adoro, per quanto non mi esima dal criticarne gli aspetti che meno mi piacciono. Un giornalista mi ha detto che sono il più americano tra gli scrittori francesi. Ne vado fiero, anche perché confesso che gli scrittori francesi spesso mi annoiano, concentrati come sono sul proprio ombelico. Viale dei Giganti è stato accolto bene dai critici, ma non lo hanno capito del tutto. Hanno sottolineato come la mia ricostruzione del clima socioculturale e politico tra anni Sessanta e Settanta in California fosse inutile. Io invece la trovo fondamentale».
Che impressione le fa essere accostato a grandi noiristi internazionali?
«I serial killer in quanto tali non mi hanno mai appassionato. Viale dei Giganti ha preso le mosse dalla mia convinzione secondo la quale tutti noi abbiamo una libertà individuale limitata. Lo dimostra il profilo stesso di Ed Kemper, un uomo molto intelligente che non è riuscito a frenare le pulsioni violente, pur riconoscendole con lucidità».
Il concetto di libero arbitrio, però, fa parte del sentire comune americano.
«Camper non aveva molte opzioni. Avrebbe dovuto uccidere oppure si sarebbe dovuto suicidare. La sua infanzia lo aveva distrutto. Sua madre lo detestava e suo padre, che era un debole, aveva abbandonato la famiglia. Sua madre detestava gli uomini e forse aveva a sua volta subito violenze in famiglia. Le leggo le parole di Kemper che mi hanno convinto a scrivere Viale dei Giganti. “Avrei fatto bene ad ammazzare mia madre molto prima. Non ci sarebbe stato bisogno di ammazzare altre donne. Il giorno in cui ho ucciso mia madre, non ho più avvertito minimamente la necessità di ammazzare altre ragazze”. Nemmeno anni passati sul lettino dello strizzacervelli possono guarire dalle violenze subite nell'infanzia. Non ho mai creduto alla sciocchezza degli “assassini nati”. Un bambino cresciuto in una famiglia sana non diventerà mai un serial killer».
Come ha scoperto questa vicenda?
«Non sapevo chi fosse Kemper prima di fare zapping durante un viaggio negli Usa e di finire su un canale che trasmetteva un'intervista a lui. La sua personalità mi intrigò. Telefonai al mio editore e gli dissi che Kemper sarebbe stato al centro del mio prossimo romanzo. Per non lasciarmi condizionare, decisi di non fare alcuna ricerca e di inventarmi la sua vicenda dal suo punto di vista. Andai però negli Usa con mia moglie e passai parecchio tempo in California e Oregon, nei luoghi della sua infanzia e delle sue imprese criminose, dove capii che avrei scritto il libro. Scriverlo è stato un sogno».
Un sogno molto cinematografico...
«Il libro sarà un film da me prodotto. Il problema principale sarà trovare un attore alto più di due metri che possa interpretare Ed Kemper nel modo dovuto! Finiremo per scegliere uno sconosciuto. Nel ruolo di sua madre abbiamo in mente Meryl Streep e in quello dell'ispettore Duigan il grande Brian Cox».
Cosa sta scrivendo in questo periodo?
«Attualmente, sono alle prese con un nuovo progetto: un romanzo sulla corruzione del sistema politico. Sono stato molto critico nei confronti della presidenza di Sarkozy, persona ambiziosa, di dubbia moralità, ma non è che Hollande stia facendo granché.

E, comunque, scrivo di politica perché gli uomini politici sono un po' come i serial killer: non hanno bisogno di uccidere, ma cercano un riconoscimento pubblico della propria importanza, proprio come Kemper, che voleva a tutti costi che la gente lo ritenesse in gamba».

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