Per gentile concessione dell'editore La Scuola, pubblichiamo un capitolo del libro Salvare la scuola nell'era digitale di Giovanni Reale, uscito nel 2013. In questo pamphlet Reale mette in guardia contro i pericoli connessi a una educazione scolastica che enfatizzi il mezzo tecnologico, il computer, e l'aspetto visuale rispetto al gesto concreto della scrittura con la matita sulla pagina di carta. Niente anacronistiche nostalgie. Piuttosto la convinzione che il computer e la Rete impongano una comunicazione troppo semplificata, e quindi dannosa se dominante nella formazione dello scolaro.
A nostro avviso, la scuola dovrebbe far comprendere ai giovani il valore e la «sacralità» della parola; quella sacralità di cui parla la Bibbia.
Con la «parola» per molti aspetti si conosce la cosa. La scuola non può e non deve trasformare l'uomo in homo videns, compromettendo gravemente la sua intelligenza. Deve aiutare i giovani a ricuperare l'uso preciso del linguaggio e il rispetto della parola, sia parlata sia scritta, e del conseguente corretto comportamento.
Gianfranco Ravasi, in un articolo, precisa che nella comunicazione è avvenuto un vero e proprio «salto generazionale», e scrive: «Già in partenza, infatti, mi accorgo che il loro (dei giovani, ndr) udito è diverso dal mio: mi sono persino esposto all'ascolto di un cd di Amy Winehouse per averne la prova immediata. Eppure in quei testi così lacerati musicalmente e tematicamente emerge una domanda di senso comune a tutti. La loro lingua è diversa dalla mia, e non solo perché usano un decimo del mio vocabolario. I nostri ragazzi sono nativi digitali e la loro comunicazione ha adottato la semplificazione del twitter, la pittografia dei segni grafici del cellulare; al dialogo fatto di contatti diretti visivi, olfattivi e così via, hanno sostituito il freddo “chattare” virtuale attraverso lo schermo. La logica informatica binaria del save o delete regola anche la loro morale che è sbrigativa: l'emozione immediata domina la volontà, l'impressione determina la regola, l'individualismo pragmatico è condizionato solo da eventuali mode di massa (si pensi al tatuaggio, alla movida notturna, alle gang, ai giochi estremi, all'estetica del “trasandato”, del trash e del graffito...)».
Si tratta di «guasti» provocati proprio dall'uso dei mezzi di comunicazione multimediali. Ma, per comprendere a fondo la questione, dobbiamo giungere ai suoi fondamenti. La contrazione del linguaggio prodotto dalle nuove tecnologie della comunicazione comporta un impoverimento progressivo della straordinaria potenzialità e ricchezza che la lingua ha dimostrato di avere mediante la cultura della scrittura, e quindi lo smarrimento di una grande ricchezza spirituale. Gadamer poneva il seguente problema in forma di domanda con inclusa la risposta: «Non è significativo alla fine che la scienza non solo non “pensa” - nel senso enfatico della parola, che Heidegger ha in mente nel suo detto tanto frainteso -, ma neanche parla una propria lingua?».
In effetti, il linguaggio della scienza si riduce, in ultima analisi, a un insieme di simboli astratti, di formule e di segni di valore prevalentemente strumentale, e quindi del tutto privi di quello spessore spirituale che è proprio del tradizionale linguaggio umano. E questo vale in particolare per la sostituzione del linguaggio con le immagini imposta dagli strumenti dell'informatica, che contrae il modo di pensare nei giovani; in certo senso lo deforma, lo rende sostanzialmente meno comunicativo e meno conoscitivo.
Ancora Gadamer precisa: «Già decenni fa si è parlato della “atomic age”, allorché si era portata in primo piano la liberazione dell'energia atomica e in particolare la minaccia della guerra atomica.
Nel frattempo si incomincia a parlare di una “computer age”, nella persuasione non infondata che l'intero stile di vita ed i rapporti fra gli uomini cambierebbero radicalmente. Quando un tocco del bottone rende raggiungibile il vicino, questo sprofonda in una lontananza irraggiungibile».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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