Il pescatore cala una canna o una togna (la lenza a mano) laddove individua un banco di calamari. Spegne il motore della barca. All’amo è appesa una piccola esca bianca che attrae il calamaro, che la scambia per un nemico da uccidere o per una preda da catturare. È così che rimane agganciato all’amo; e più si dibatte nel tentativo di liberarsi e più rimane mortalmente ferito. Il caso, o se volete un primordiale e sfuggente istinto, decide quali calamari sopravvivano perché non cadono nel tranello e quanti invece vengano tirati a bordo dal pescatore. Questa metafora ittica della tecnica del bolentino spiega il titolo del libro, ma in fondo anche la sua essenza, cioè un aspetto istintivo e irrazionale che pervade tutto “L’istinto dei calamari”. Una struttura narrativa che corre parallela per circa due terzi del libro attraverso squarci nelle vite dei protagonisti: due ex guerriglieri dell’Uganda, una bambina, una suora missionaria in Africa e un ex giornalista travolto da uno scandalo giudiziario.
Poi il ritmo narrativo conosce un’accelerazione improvvisa, sempre ben dosata dall’autore, che intreccia in un unico filone il destino dei protagonisti. L’autore è Fabio Lombardi, giornalista di Mediaset e cronista di “nera” di lunga e consolidata esperienza (ma questo libro è frutto di un suo reportage in Uganda). Da qui le descrizioni lunghe soprattutto dei contesti. Una lunghezza, una struttura complessa che però non sono mai orpelli prolissi o superflui che appesantiscono la lettura, tutt’altro. Il Lombardi contestualizza sempre le situazioni in cui porta per mano il lettore. Porta nemmeno troppo metaforicamente, perché appunto queste descrizioni precise trasferiscono chi legge nelle situazioni più disparate. Ci si trova a bordo di un barcone di migranti, nella giungla ugandese, nel centro di Brescia, sui colli della Lunigiana con una sensazione d’immedesimazione sempre molto forte. Sembra di avvertire su se stessi le accelerazioni del battito cardiaco, il sangue in bocca, la sete da paura, il bruciore agli occhi, le angosce e le paure. Il che, come si può immaginare, rende la lettura più famelica e febbrile, pagina dopo pagina, fino a un finale tutto da scoprire. L’ordito narrativo è ulteriormente impreziosito da richiami ad alcuni temi di attualità: l’immigrazione, la giustizia-spettacolo, l’industria dell’accoglienza, la doppia faccia dell’agiata provincia italiana, gli eccessi dell’ossessione mediatica per la cronaca.
L’autore non teme di far trasparire il suo sentire su questi terreni minati, ma senza con ciò togliere spazio alla formazione di un libero convincimento del lettore. Se era lecito attendersi dal cronista Lombardi la capacità divulgativa di contesti sociali e giuridici complessi, risulta invece spiazzante il dosaggio emotivo della narrazione da scrittore, da consumato autore di noir. Il colpo di scena arriva quando deve arrivare, anche quando è in qualche modo preannunciato: né in anticipo, né in ritardo.
A volte una stessa scena viene narrata da diversi punti di vista, come una “soggettiva” cinematografica che calibra il racconto su un singolo personaggio. Che sia il primo titolo di una serie noir? Notizia per ora coperta da segreto istruttorio, risponderebbe l’autore.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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