Polvere, di Chiara Lalli e Cecilia Sala, Mondadori, pagine 153. Il titolo di quest’indagine è molto centrato: le autrici hanno scelto di raccontare il caso dell’omicidio di Marta Russo focalizzando l’attenzione sui granelli di polvere trovati nell’aula 6 del dipartimento di filosofia del diritto dell’università La Sapienza di Roma, diventati la traballante prova regina di un processo che lascia molti dubbi sulla reale colpevolezza dei due condannati, i ricercatori universitari Giovanni Scattone per omicidio colposo e Salvatore Ferraro per favoreggiamento. La polvere fu anche quella che mandò in tilt gli ingranaggi della giustizia, portando a formalizzare in un’aula di tribunale l’accusa di un delitto perfetto giustificato dall’assenza di un movente, dell’arma con cui era stato commesso e persino di prove incontrovertibili a carico di coloro che furono accusati e condannati quali autori materiali del reato: Scattone fu condannato a 7 anni per omicidio colposo, Ferraro a 4 anni per favoreggiamento personale. Il 9 maggio 1997 la studentessa di giurisprudenza Marta Russo, 22 anni, fu colpita alla testa dal proiettile di una pistola poco prima di mezzogiorno, mentre con un’amica percorreva un vialetto interno dell’università di Roma.
La giovane sarebbe morta il 14 maggio in ospedale senza mai riprendere conoscenza. Il delitto della Sapienza fu uno dei più clamorosi casi di cronaca di quella stagione. Sia per le indagini, per gli arresti, per gli interna corporis del mondo universitario che disvelava, sia per la copertura mediatica. Le due autrici sono Chiara Lalli, filosofa e docente universitaria di storia della medicina, e Cecilia Sala, giornalista con diverse collaborazioni professionali. Il progetto “Polvere” nasce nel 2020 come una serie di 8 puntate in podcast, con interviste ai protagonisti dell’epoca; un successo certificato da oltre 200mila ascoltatori che in poche settimane hanno scaricato i file audio. Questa precisazione è importante perché il libro è la trasposizione cartacea di un’inchiesta nata per essere ascoltata più che letta. La ricerca delle due autrici è durata un anno, attingendo anche dalle fonti processuali, da faldoni impolverati e da scatole con alcuni reperti come il diario di Scattone. Alcuni filoni vengono ben sviscerati: ad esempio la formazione delle testimoni chiave, Maria Chiara Lipari e Gabriella Alletto, con spiegazioni compiute anche psicologiche sul funzionamento della memoria umana. Molto precise anche le ricostruzioni degli spostamenti da casa di Scattone e da quella di Ferraro alla famigerata aula 6 da cui sarebbe partito il colpo di pistola che uccise Marta Russo. Le autrici hanno rifatto i percorsi cronometrando i tempi di percorrenza. Precisa anche la descrizione del contesto culturale dei due condannati, il superomismo e gli studi su Nietzsche e Heidegger. I tentativi andati a vuoto di contattare alcuni protagonisti della vicenda segnalano anche quanto il vortice della giustizia sconvolga la vita delle persone, non sempre in nome di una giustizia giusta.
Ci si poteva aspettare qualche riga in più sulla pista, quasi subito abbandonata, della toilette per disabili al piano terra della palazzina della facoltà di statistica, sui misteriosi dipendenti della ditta di pulizie operante alla Sapienza, sull’incredibile numero di armi da fuoco in circolazione nella città universitaria della Capitale d’Italia. Sarebbe forse stata utile anche una cartina, una mappa (oltre alle due nei retro di copertina) che portasse il lettore sul luogo del delitto. Il clima giustizialista che subito si accese attorno al delitto della Sapienza fu in parte costruito, oltre che dall’atteggiamento complessivo degli inquirenti (l’interrogatorio del pm Carlo Lasperanza alla testimone Gabriella Alletto resta una delle pagine più cupe di uno stato di diritto), anche dalla sovraesposizione mediatica dei due imputati Scattone e Ferraro, che furono ospiti delle più importanti trasmissioni televisive dell’epoca, dando l’immagine (probabilmente contro la loro volontà) di persone che potevano permettersi il privilegio di una difesa in diretta tv in fasce di massimo ascolto.
E certamente non aiutò quell’immagine di autoreferenzialità che fornì il dipartimento di filosofia del diritto, che spesso diede la sensazione di porsi come “casta” intoccabile, anche se il famoso libro di Gian Antonio Stella e di Sergio Rizzo era di là da venire. Ci sono passaggi di “Polvere” che rendono bene aspetti grotteschi della vicenda, come l’interrogatorio del cognato della Alletto circa l’intimità tra cognati. Il tutto impreziosito da gustose citazioni cinematografiche. Sul contesto storico forse la genesi radiofonica fa pagare qualcosa alla narrazione libresca. Perché il 9 maggio 1997 ci fu il clamoroso assalto degli indipendentisti veneti al Campanile di San Marco a Venezia, che riaccese le polemiche sul secessionismo e su una Lega Nord che in quegli anni spingeva per l’indipendenza della cosiddetta ‘Padania’.
Quel contesto fece sì che le primissime indagini seguissero una pista politica che potrebbe aver fatto perdere tempo prezioso in momenti che sono sempre decisivi per instradare le indagini nella giusta direzione e reperire prove che reggano in un processo. Inoltre le autorità inquirenti della Capitale avevano aperto gli anni Novanta con due casi rimasti irrisolti: l’omicidio della giovane segretaria Simonetta Cesaroni (delitto di via Poma, 7 agosto 1990) e l’omicidio della contessa Alberica Filo della Torre (delitto dell’Olgiata, 10 luglio 1991). Magistrati e poliziotti non volevano avviarsi alla chiusura del decennio con un altro flop investigativo per un delitto come quello di Marta Russo, che creava una forte identificazione nei cittadini-telespettatori. Un decennio chiuso dall’omicidio del giuslavorista Massimo D’Antona commesso dalle Nuove Brigate Rosse il 20 maggio 1999; il brigatista Paolo Broccatelli, componente del commando omicida, lavorava per una ditta di pulizie e si sarebbe trovato alla Sapienza quel 9 maggio 1997, giorno in cui Marta Russo venne uccisa (una vicenda da approfondire). Interessante che le due autrici nelle loro ricerche abbiano contattato un testimone rimasto celato all’epoca (la cui identità è protetta da un nome di fantasia). Forse si poteva pensare a un intero capitolo a lui dedicato.
Il successo del podcast “Polvere” testimonia un interesse ancora vivo dell’opinione pubblica per il delitto della Sapienza. E lo sbigottimento per un compromesso all’italiana della giustizia che, non avendo punito i colpevoli, ha forse lasciato a piede libero il vero assassino di Marta Russo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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