Sembra proprio che la fisica delle particelle vi abbia coinvolto, e abbia stimolato la vostra curiosità. Purtroppo non possiamo rispondere a tutte le vostre (tante) domande, e oggi ne abbiamo scelta una che ci ha colpito particolarmente perché cerca di collegare l’ultima serie di articoli con alcuni di qualche settimana fa. Ci chiedete, infatti, se i quark di generazione II e III possono spiegare la materia oscura.
Concedeteci prima un piccolo riassunto (per maggiori dettagli potete leggere qui e qui): l’85% della materia che costituisce il nostro Universo è invisibile ai nostri più sofisticati strumenti di misura. Sappiamo che esiste perchè vediamo come interagisce gravitazionalmente con la materia che vediamo, ma non riusciamo a vederla e non sappiamo di cosa è fatta. Non interagisce con la forza elettromagnetica, né con la forza forte di cui abbiamo parlato nell’ultimo articolo (leggi qui). Questo rende particolarmente difficile il compito di studiarla sperimentalmente. È quindi assente dal Modello Standard, la nostra teoria più avanzata per spiegare la materia e le sue interazioni, e rimane uno dei misteri più grandi per la fisica. Sono state proposte una moltitudine di ipotesi per spiegare la materia oscura, molte delle quali richiedono l’introduzione di nuove particelle e forze che non conosciamo. L’ipotesi del lettore invece rientra tra quelle che cercano di spiegare la materia oscura con particelle che già conosciamo. Nel Modello Standard, le particelle di materia conosciuta sono divise in tre famiglie, dette generazioni (vedi immagine sotto). Solo la prima generazione forma particelle stabili, tra cui neutroni e protoni. Le altre sono altamente instabili e si possono osservare solo in esperimenti ad alte energie o nei raggi cosmici (leggi qui). Ma non è che da qualche parte nell’Universo le condizioni sono tali che le particelle fondamentali di famiglie diverse dalla prima riescono ad unirsi a formare materia stabile? E se così fosse, non è che è proprio questo tipo di materia a costituire quello che non conosciamo e chiamiamo materia oscura? Ipotesi interessante.
Proviamo ad approfondire, procedendo per gradi. Il primo punto da chiarire è il seguente: se abbiamo detto che i quark di generazione superiore alla prima sono instabili, come possono mai formare materia stabile? In realtà particelle che sono instabili quando libere da legami, possono diventare stabili se legate ad altre particelle. E di questo fatto ne facciamo esperienza ogni giorno. Un neutrone libero, infatti, è instabile e decade mediamente nel giro di 15 minuti. Quando legato ad altri neutroni ed a protoni, invece, diventa stabile e permette di formare tutti i nuclei degli elementi della tavola periodica, fino addirittura stelle composte quasi solo di neutroni. Non abbiamo però evidenza al momento di particelle stabili composte da quark di seconda e terza generazione. Secondo punto: la fisica con la quale descriviamo la Natura standocene qui sulla Terra, o al massimo con esperimenti nel sistema solare, funziona altrettanto bene in parti dell’Universo lontane miliardi di anni luce? Non lo sappiamo con certezza. Quello che sappiamo è che assumendo che sia così, le nostre teorie sembrano funzionare molto bene. Senza questa assunzione l’astronomia e la cosmologia non esisterebbero come scienze. Bene, accettiamo quindi questa assunzione. Sotto questa condizione, allora, possiamo dire che no, nell’Universo vicino e remoto, non ci sono al momento evidenze di materia stabile formata da quark diversi da quelli della prima generazione. Tra le varie ipotesi per la materia oscura, l’unica di cui siamo a conoscenza che coinvolge materia di generazioni diverse dalla prima, prende il nome di “stangelet”. Sono ipotetiche particelle formate da un numero uguale di quark up, down e strange. Dobbiamo essere sinceri, non sappiamo molto su questa ipotesi, ma sicuramente è, come tutte le altre, molto difficile da testare sperimentalmente. La natura ultima della materia oscura è infatti una delle grandi domande ancora irrisolte della fisica. Questo tipo di problemi sono linfa vitale per la ricerca in fisica perché ci costringono a spingere all’estremo la nostra immaginazione così come le nostre tecniche matematiche e sperimentali. Allo stesso tempo sono spesso accompagnate da un numero esiguo di dati e osservazioni diretti che rende molto difficile discernere tra le varie ipotesi matematicamente plausibili. Ogni piccola, anche indiretta, evidenza può essere fondamentale per indirizzare e guidare la nostra comprensione.
Pochi giorni fa, il 17 Giugno, la collaborazione internazionale di scienziati che lavora all’esperimento XENON con base ai Laboratori Nazionali del Gran Sasso, ha presentato una nuova analisidei loro dati dalle conseguenze possibilmente molto interessanti. L’esperimento è considerato il più sofisticato e sensibile al mondo per la ricerca diretta della materia oscura, e ogni annuncio da parte della collaborazione desta comprensibilmente molto scalpore. La notizia è che i dati presentano una piccola anomalia rispetto a quello che ci aspetteremmo con la fisica che conosciamo. E tale anomalia è compatibile con l’esistenza di un tipo di nuove particelle ipotizzate chiamate “assioni solari”. Ora, il collegamento con la materia oscura è indiretta. Gli assioni solari infatti non sono considerati possibili componenti della materia oscura. La loro conferma, però, darebbe credito all’esistenza anche di altri tipi di assioni, non prodotti nel sole, ma prodotti nelle prime fasi di vita dell’Universo. E questi sì sono una delle ipotesi per spiegare questo 85% di materia invisibile! Ci sono, purtroppo, alcuni “però”. Innanzitutto l’articolo scientifico deve ancora passare tutti gli step di controllo e review per la pubblicazione ufficiale in una rivista scientifica: in termini tecnici è ancora allo stato di pre-print. Ma questo è probabilmente solo questione di tempo. Il grande “però” è un altro. Gli scienziati, soprattutto su risultati che potrebbero avere un grande impatto su grandi problemi aperti della fisica, sono solitamente molto prudenti e cercano di tenere in considerazione tutti i possibili fattori che potrebbero influenzare il risultato. Nel caso di XENON, lo stesso articolo fa notare che l’anomalia non è solo compatibile con l’esistenza degli assioni solari, ma anche con la presenza di piccolissime impurità (piccolissime quantità di trizio) nell’apparato sperimentale. Allo stato attuale, quest’ultima sembra, purtroppo, l’ipotesi più plausibile.
A meno che non si riesca ad escludere in maniera indipendente la presenza di trizio in XENON, l’attesa per evidenze sperimentali anche indirette che favoriscano un’ipotesi sopra le altre per spiegare il mistero della materia oscura continua.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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