Il premio Sciascia si difende: "Giusto parlare di mafia"

Non si placano le polemiche attorno alla terna dei finalisti - Caterina Chinnici, Salvatore Falzone e Giuseppe Grassonelli (insieme con Carmelo Sardo) - che concorreranno al premio «Leonardo Sciascia». A innescarla con le sue dimissioni, come scrivevamo ieri, uno dei giurati della gara letteraria: Gaspare Agnello (che di Sciascia fu amico). Secondo lui la presenza in finale del libro di Sardo-Grassonelli ( Malerba , Mondadori) è infatti inaccettabile perché Grassonelli è un ergastolano ed ex uomo di punta della “stidda” di Porto Empedocle. «È possibile che un ergastolano che si è macchiato di crimini efferati partecipi a un premio letterario di cui sono stati protagonisti Sciascia, Consolo e Bufalino?», ha chiesto pubblicamente. Provocando reazioni sia nel mondo culturale che della politica.

C'è chi ha preso posizione in favore del senso riabilitativo della pena, come il presidente dell'associazione “Antigone” che tutela i diritti dei detenuti: «Bisogna valorizzare tutte quelle forme creative che arrivano dal carcere: un mafioso che scrive è una vittoria per lo Stato». Sulla stessa linea anche l'associazione “Nessuno tocchi Caino” per bocca del segretario Sergio D'Elia: «La giuria di un'opera letteraria deve valutarne il suo contenuto letterario. E non farsi sviare da retropensieri». Ma c'è chi come il deputato Pd Ernesto Magorno, membro della commissione anti-mafia, non la pensa allo stesso modo: «Chiederò alla presidente della commissione, Rosy Bindi, di valutare un intervento per sensibilizzare gli organizzatori del premio “Leonardo Sciascia” sulla candidatura del libro di Grassonelli... Accostare al suo nome quello di un mafioso plurimomicida e per di più mai pentito, è una provocazione». A contraddirlo però un suo compagno di partito, il senatore Luigi Manconi: «Ricordo agli immemori che i libri dello stesso Sciascia sono stati accusati di essere profondamente ambigui».

Ieri sera a Palermo c'è stata la presentazione ufficiale della terna. Il presidente Gaetano Savatteri ha esordito così: «Il premio Sciascia in 26 anni non ha mai selezionato né premiato un libro che tratta di mafia. Mi inquieta che nell'anno in cui giungono in finale tre libri che parlano di mafia e antimafia si apra una polemica.

Non si capisce perché si può parlare di mafia nelle scuole e non nei premi: significa che la letteratura che premia ha ancora paura della mafia. Invitiamo tutti, anche Rosy Bindi, a leggere i tre libri e a venire alla premiazione».

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