La profezia di Albert Camus: ​"Così l'Europa soccomberà"

Cinquantasei anni fa moriva in Francia il Nobel per la letteratura: oggi più che mai sono attuali le sue parole sull'avvenire del Vecchio Continente

La profezia di Albert Camus: ​"Così l'Europa soccomberà"

Cinquantasei anni fa, il 4 gennaio 1960, moriva in un incidente stradale Albert Camus, il romanziere e filosofo franco-algerino vincitore del Nobel per la letteratura del 1956.

Considerato in vita vicino alla sinistra e recentemente tornato in auge negli ambienti della destra francese, Camus in realtà fu un libertario allergico ad ogni ideologia, dallo sguardo lungimirante e lucido sul presente come sul futuro. A oltre mezzo secolo dalla sua scomparsa, lo ricordiamo con estratti di un intervento tenuto nell'aprile 1955 ad Atene sul futuro della civiltà europea.

Le parole di Camus sull'incapacità del Vecchio Continente (ma più in generale dell'Occidente) di coltivare un'identità comune fondata sulla storia delle proprie conquiste spirituali suonano ancora più profetiche oggi che l'Europa è divisa e smarrita come mai forse da settant'anni a questa parte.

La conquista più importante dell'Europa, concludeva il premio Nobel, è una libertà fondata innanzitutto sul pluralismo. A chi gli chiedeva quali fossero le condizioni della civiltà europea, quali gli elementi più degni d'essere salvati e quali quelli più a rischio, Camus rispondeva che "l'Occidente ha trionfato se riteniamo che la civiltà occidentale consista nelle tecniche e nella scienza."

Le cose cambiano molto se invece si ritiene che la civiltà occidentale si sia sviluppata sul concetto di persona umana: allora, sostiene Camus "è difficile trovare un'epoca in cui la quantità di persone umiliate sia così grande", concludendone che "potremmo chiederci se il successo della civiltà occidentale nel suo aspetto scientifico non sia responsabile del fallimento morale di questa società."

È in definitiva l'individualismo il peccato peggiore che Camus, laico e libertario, rimprovera all'Occidente: ai regimi dell'Est comunista a cui pure non può non dirsi "formalmente contrario", egli riconosce la bontà del "senso di partecipazione a uno sforzo comune." Certo, a patto che "i doveri decantati ad Est non significhino la negazione di ciò su cui si basa il diritto dell'uomo ad essere ciò che è."

Quanto sono attuali le parole con cui il filosofo franco-algerino ci ricorda che "l'Europa ha concepito di sana pianta le ideologie che oggi dominano il mondo e oggi le si voltano contro"!

Le sue parole non vanno scambiate per la sterile moda di autoflagellazione che negli ultimi anni sembra dominare il pensiero occidentale: Camus fu uomo troppo intelligente per cadere in questa tentazione: sottolinea la necessità di bilanciare libertà e giustizia, due valori fondanti e imprescindibili. Ma nel farlo non può non notare allarmato che da questa misura siamo (oggi come allora) drammaticamente lontana.

In conclusione Camus non vede minacce concrete per il futuro della civiltà europea "se non quella che viene da essa stessa." Guardando agli ultimi mesi di storia europea, come potremmo non dargli ragione?

@giovannimasini

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