«La famiglia Lansdale è una tribù e si muove come tale». Parola di Joe R. Lansdale. Chi non ha avuto la possibilità di conoscerlo di persona probabilmente penserà all'ennesima sparata di uno dei vari smargiassi che popolano le sue storie. Joe e la famiglia Lansdale io li conosco dal 2003 e quasi vent'anni di frequentazioni più o meno assidue sono la conferma vivente di quell'affermazione sopra le righe. Ecco perché Joe ha deciso di rispondere alle mie domande insieme alla figlia Kasey. Mancano sua moglie Karen e suo figlio Keith, e manca anche l'adorato pitbull Nicky, morto un mese fa. Il gatto, invece, da buon felino ha deciso che partecipare all'intervista non gli importa un accidente.
Un libro in uscita il primo marzo in Italia (Moon Lake) e uno in novembre. La società Pandi Press che muove i primi passi. Un momento favorevole?
Kasey: «Era dal 2014 che avevamo questa idea. Volevo raccogliere con calma sotto un'unica casa editrice l'ormai enorme corpo di opere di papà e mi sono accorta che si tratta di un'impresa più complicata del previsto: ne ha scritte così tante che ricostruire la titolarità dei diritti fa venire il mal di testa. Lentamente, pubblicheremo ogni suo libro in versione ebook e, con le vendite, finanzieremo la pubblicazione cartacea dei suoi romanzi e racconti, oltre che di autori esordienti. Inoltre, la cosa primaria era fare ordine nel suo grande catalogo, anche in considerazione del fatto che prima o poi sarò io a gestirlo».
Joe: «Però continuerò a pubblicare per un grande editore, perché quei soldi mi fanno comodo».
Kasey: «Va anche detto che il mio compagno, Jonathan, dispone di tutte le competenze di cui io non disponevo: la grafica e l'impaginazione».
Dunque, Joe è una sorta di presidente onorario?
Joe: «Silenzioso più che onorario».
Kasey: «Mio padre è il primo autore della nostra scuderia. E non vogliamo certo dare la sensazione di essere una casa editrice che pubblica autori a pagamento. Semplicemente, almeno per ora, vogliamo vendere ebook e stampare libri su richiesta. Ma il primo autore che pubblicheremo e distribuiremo nelle librerie è Del Howison, titolare dell'unica libreria americana interamente dedicata alla narrativa horror, a Burbank, California. È molto popolare in quell'ambiente, è un bravissimo autore e un ottimo amico e, in più, è consapevole di fare da cavia per il nostro progetto».
Joe: «Sono entusiasta di questo progetto, forse perché io non sono organizzato quanto dovrei. Ho pubblicato circa 400 scritti, compresi articoli di giornale, oltre ai romanzi, e spesso non ricordo in quale circostanza».
Ci vuoi dire qualcosa del nuovo romanzo, Moon Lake (Einaudi, pagg. 360, euro 18,50; traduzione di Luca Briasco)?
Joe: «È una storia dai tratti foschi e gotici che si svolge nel Texas orientale sul finire degli anni Sessanta per poi spostarsi a 10 anni dopo. Protagonista è un ragazzo che vuole scoprire come mai suo padre si sia gettato con l'automobile in un lago nel tentativo di uccidere se stesso e pure lui. Il padre è morto, lui invece è stato tirato fuori vivo dall'acqua da una ragazza e altre persone di colore con cui il ragazzo vivrà per un certo periodo, finché non si riesce a contattare il parente più stretto che si trova in Europa. Il ragazzo diventa un giornalista e nel 1978 torna in quei luoghi per capire cosa abbia spinto il padre a fare ciò che ha fatto. Trovo che ci sia qualcosa di Faulkner in questo libro: una storia mainstream, con elementi noir, gotici e pulp».
Se ho capito bene, avete altre cose in uscita in Italia...
Joe: «Una raccolta di racconti che uscirà in settembre per Einaudi. Terror is our business è il titolo originale. E una graphic novel con i disegni di Daniele Serra».
Kasey: «Papà aveva creato il personaggio di Dana Roberts per alcuni racconti. Poi abbiamo scritto qualcosa insieme avente per protagonista un mio personaggio, Jana. Così abbiamo pensato che le due donne dovessero incontrarsi. Dunque, nella raccolta ci sono racconti scritti da me e da papà separatamente e alcuni scritti insieme».
Joe: «Credo che le cose scritte insieme siano le migliori. Ce n'è addirittura una ambientata a Roma».
Hap e Leonard sono in pausa?
Joe: «Torneranno, anche se attualmente sono in un ospizio».
So bene che abiti in una casa in una radura, nel mezzo di un folto bosco del Texas orientale. La pandemia ha cambiato le tue abitudini?
Joe: «La mia vita non ha subito grossi contraccolpi ed è stata una fortuna poter continuare a farmi una passeggiata con il cane e scrivere come sempre. Ma l'atmosfera esterna un impatto l'ha avuto. Molti ristoranti hanno chiuso i battenti e non li hanno più riaperti. E, considerato che abbiamo sempre viaggiato parecchio, gli spostamenti si sono ridotti. Eravamo in Cina nel 2019 proprio allo scoppio della pandemia e sono certo che Karen, mia moglie, abbia beccato il Covid perché siamo stati anche a Wuhan e il medico cinese che l'ha visitata era molto preoccupato e perplesso».
Sono giorni, questi, di grande crisi internazionale. Non è che il presidente Usa Joe Biden ne stia uscendo rafforzato. Che idea ve ne siete fatti?
Joe: «Non so esattamente cosa stia succedendo, ma credo che Biden finora abbia fatto le scelte giuste. Altro non so dire. Interverremo? Siamo sicuri che valga la pena intervenire? Non saprei. Di certo non voglio altre guerre, anche se la popolazione ucraina merita un aiuto».
Donald Trump è riapparso sulle scene. Che si dice di lui in America?
Joe: «Molti all'estero pensano che alla maggioranza degli americani Trump piaccia. Non è così. Ma abbiamo un sistema elettorale complicato. Credo che sottostimare Trump sia una follia.
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