Riesumata la salma di Giovanni dalle Bande Nere (1498-1526) e di sua moglie, Maria Salviati, padre e madre di Cosimo I de’ Medici, primo Granduca di Toscana. La tomba è stata aperta oggi nella cripta del Museo delle Cappelle Medicee a Firenze nell’ambito di una ricerca finanziata dalla Facoltà di Medicina dell’Università di Pisa, diretta dal professor Gino Fornaciari e sostenuta dal Dipartimento Radiologico dell’ospedale di Santa Maria Nuova di Firenze, diretto dal dottor Ilario Menchi.
L’indagine paleopatologica cercherà tra l’altro di contribuire a chiarire le cause di morte, che le cronache del tempo attribuiscono a una cancrena successiva all’amputazione della gamba destra, del leggendario condottiero. E proprio le ultime imprese belliche del promettente capo militare italiano, che cercò di sbarrare la strada ai lanzichenecchi che avrebbero saccheggiato Roma, furono oggetto del bellissimo film di Ermanno Olmi «Il mestiere delle armi». Nel quale si racconta il capitolo finale, tutto ambientato nelle brume padane dell’autunno del 1526, della breve vita di «messer Gioannino» che il 25 novembre a Governolo fu colpito da un colpo di falconetto in uno scontro fra i suoi cavalieri e i lanzi del vecchio Georg von Frundsberg e morì cinque giorni dopo nel palazzo dei Gonzaga a Mantova.
Il suo funerale, però, coincise con la nascita della sua leggenda. E il «messer Gioannino», che qualche anno prima aveva con pochi ed efficaci comandi inquadrato convenientemente il raccogliticcio reparto di fanteria fiorentina che per un’intera mattinata era stato frastornato dagli ordini contradditori di quel volenteroso ufficiale reclutatore che rispondeva al nome di Niccolò Machiavelli, divenne un mito. Un mito reso possibile dalla morte prematura ma anche dal valore militare, che aveva suscitato qualche speranza di riscatto nazionale perfino nel disincantato Francesco Guicciardini. Insomma, il mito rinascimentale del guerriero italiano coraggioso e sfortunato che fu giustamente esaltato, insieme con quello di Ettore Fieramosca, dal nostro Risorgimento.
L’apertura del vano sepolcrale di Giovanni de’ Medici segue di poco più di un mese l’ispezione di un’altra tomba, sempre nelle Cappelle Medicee, quella dell’Elettrice Palatina Anna Maria Luisa de’ Medici, ultima esponente della casata fiorentina.
Le sepolture di Giovanni e Maria vennero ispezionate nel 1945 da Gaetano Pieraccini e, come le altre indagate durante i lavori del «Progetto Medici», furono danneggiate dall’inondazione dell’Arno del 1966 e, per questo, necessitavano di una revisione conservativa.
Dopo l’allestimento del cantiere nell’area centrale della cripta, i lavori sono iniziati con il sollevamento del grosso macigno che copriva il vano funebre. Al suo interno sono state trovate le casse di zinco contenenti i resti ossei del condottiero e di sua moglie. Il risanamento delle sepolture, la dettagliata fase di studio dei resti della coppia e la nuova deposizione in idonee casse fornite dalla ditta Ofisa di Firenze, sono le tre fasi di questa operazione che si concluderà nel giro di dieci giorni.
In particolare Fornaciari e il suo team - attraverso l’utilizzo di moderne tecnologie capaci di fornire nuovi dati paleopatologici di rinnovato interesse
- condurranno un’attenta operazione di analisi paleopatologica, antropologica e medica dei resti scheletrici al fine di comprendere meglio il tipo di intervento chirurgico che subì il condottiero mediceo prima di morire.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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