Da qualche anno questa parola antica è tornata di moda, estendendosi e trasformandosi fino a rappresentare un momento della giornata, un piccolo evento, un incontro. Che il termine definisca una bevanda alcolica o analcolica che si beve prima dei pasti per stuzzicare, stimolare, eccitare l'appetito, non c'è bisogno di ricordarlo.
Ma bisogna distinguere tra sostantivo e aggettivo. Come sostantivo, a dispetto della derivazione latina, entra nella lingua italiana sul calco dal francese aperitif, tra la fine dell'Ottocento e i primissimi anni del Novecento. In Francia la consuetudine di una bevanda che precedesse il pasto venne introdotta da Caterina de Medici, sposa di Francesco I; la derivazione dal verbo latino aperire, che significa aprire, servì a indicare una bevanda che “apre” al cibo o, semplicemente, al desiderio di dissetarsi.
Ma la parola classica, aperitivus, è un aggettivo, e come tale trova ampio spazio nei vocabolari, soprattutto antichi; con quel suo significato di aprire, attiene al modo della medicina, dei rimedi, e viene abbinato a erbe, radici, infusi. Per il Gabrielli significa “che ha blanda azione lassativa”, per il Dir “che apre lo stomaco”, per il Rigutini Fanfani “che ha virtù di aprire i pori del corpo e di favorire le secrezioni e le escrezioni”; il Devoto Oli va più in dettaglio, “che apre la via per l'eliminazione di sudore, urina, feci”. Numerosi i sinonimi: Stomachico, cioè atto a stimolare le secrezioni gastriche, Apertivo, Apritivo, Aperiente; il Palazzi aggiunge Purgante, Eupeptico (quest'ultimo è detto di rimedio che facilita la digestione: quello che noi chiamiamo digestivo). Il D'Aberti cita degli Aperienti, quali la Spuma di marte, il croco di marte, il magistero di marte, parole che evocano i misteri delle alchimie (nella terminologia alchemica, marte è il ferro). Interessante il Panlessico, che alla voce Aperiente (alla quale viene rinviato chi cerca la parola Aperitivo), presenta come definizione “che apre, che stura, che deostruisce”: si potrebbe dedurre che l'Idraulico liquido o l'acido muriatico sono aperienti e, quindi, aperitivi. Quante spaventose conseguenze potrebbe innescare l'equivoco!
Riproponiamo quello che diceva il Panzini alla voce Aperitivo nel suo Dizionario moderno: “Dal francese aperitif: sarebbero propriamente le bevande che servono a dilatare i pori e rendere fluidi gli umori. Viceversa poi oggi son detti aperitivi o aperitifs certi eccitanti spiritosi, abilmente combinati fra di loro nelle liquorerie o mescite (bar, buvettes), allo scopo di aprire le valvole dello stomaco per mangiare con più appetito. Avverti che uno stomaco sano non richiede né tonici né cordiali: se è ingombro, acqua, moto e dieta sono la ricetta migliore. A cui aggiungi: lieto cuore, quando si può”. Il Panzini, volutamente non utilizza qui la parola cocktail, voce che tratta così: “Nome di bibita americana (Stati Uniti) composta d'absinthe, di bitter olandese, di whisky, di limone e di ghiaccio pestato, il tutto battuto in uno speciale apparecchio. Se ne fanno molte combinazioni, la migliore è farne senza”.
La citazione dell'assenzio (absinthe) porta a un'ultima osservazione: il nome scientifico
dell'assenzio maggiore è artemisia absinthium, pianta medicinale amara che in tedesco si chiama Wermut: essa costituisce la base aromatica di quel vino speziato che da essa è stato chiamato col nome commerciale di Vermut.
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