Il romanzo della Bignardi? Da sbadigli

Inizio e finisco L'acustica perfetta mentre @Librimondadori twitta a raffica su una presentazione di libri al Castello Sforzesco, tra cui questo. Perfetto, almeno una traccia da seguire me la offre twitter su un piatto d'argento. A leggere i tweet uno pensa di confrontarsi con una seria di profonde riflessioni sulla condizione umana, di inoltrarsi nelle pieghe e nelle piaghe sentimentali dei rapporti: «Ognuno di noi è convinto di conoscere la persona che ama, questo libro racconta che non è così». Ma guarda un po' che scoperta...
«Per Arno il dolore è una debolezza, finché non lo prova personalmente non lo capisce, non lo ascolta». Beh, non tutti i personaggi riescono col buco, si sa, e lui essendo un orchestrale della Scala più che altro è abituato a stare nella buca, quella sotto il palco. Certo che ha poco del musicista tipico, con la sensibilità accentuata e l'orecchio teso all'orchestra e al mondo circostante, per cogliere sfumature melodiche e stati d'animo dei propri cari. Invece «Arno è quasi offeso dall'infelicità di sua moglie, non vuole sapere cosa c'è che non va», mi domando perché poi per tutta la storia se ne vada in giro a cercar risposte quando non ha neanche domande da porsi. Un dettaglio non trascurabile: si tratta del protagonista del romanzo, «uno straordinario protagonista maschile», come scritto nel retro della copertina.
Mi viene in aiuto un altro tweet: «Questa non è una storia d'amore, è la storia della ricerca della verità, di una verità». Benissimo, grazie, allora mi concentro in quella direzione, e dato che il romanzo è costruito «secondo la vertiginosa spirale di una fuga fino all'imprevedibile finale» ne ricerco l'emozione se non nel ritmo musicale perlomeno nel ritmo narrativo. Il fatto è che di vertiginoso c'è solo il rischio di caduta dalla sedia per un colpo di sonno; quanto al finale è inesistente, rappresenta giusto la presa di coscienza (finalmente...) da parte di quel fenomeno di protagonista di una realtà che lo rincorre per tutto il libro.
«L'acustica perfetta è un libro in maggiore, non in minore», dice.

Un giochino musicale per escludere il tono di tragicità implicito nella tonalità minore, usata per enfatizzare i drammi, con la convinzione che alla fine il geniale protagonista tragga un beneficio positivo da tanta negativa esperienza. Contento lui, lasciamogli pure il maggiore, vorrà dire che tutto il minore ce lo accolliamo noi come lettori, anche se non è un male minore.

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