Tutto era iniziato come uno sfogo per Anaïs Nin: scrivere per esorcizzare i fantasmi che aveva in corpo. Scrivere per dare sfogo alle fantasie che le passavano per la mente. Certo, c'era il matrimonio con Hugo (Hugh Parker Guiler) e una vita ogni giorno più facile. Ma questo non le bastava. "Perché non gli dici cosa provi veramente" - le chiede il suo alter ego, sapientemente disegnato da Léonie Bischoff in Anaïs Nin. Nel mare delle menzogne (L'Ippocampo) - "Che sei tu che soffochi? Che volevi essere la moglie di un genio, non di un banchiere? Che questa vita è una morte lenta?".
Anaïs si guarda attorno e scopre di essere diversa da tutti gli altri. Vorrebbe mostrarsi in pubblico mentre balla, ma non ci riesce. È frenata. "Una donna che si esibisce è una puttana", pensa mentre cammina davanti al Moulin rouge, "ma Mirales ha ragione, la sensualità della danza spagnola sfiora il mistico, il sacro. Come la sensualità che sento in me, senza averla finora incontrata". Ed è proprio questo che caratterizza la diversità di Anaïs: una sensualità, che poi diventerà sessualità, sfrenata. La sua è una fame irriducibile che non si traduce solo nella ricerca di sesso e di orgasmi, ma anche, e soprattutto, di se stessa. Della sua essenza. Come il Boccadoro di Hesse è alla ricerca dell'eterno femmineo, dell'Eva-madre, così Anaïs è alla ricerca del proprio io. Ma forse non riuscirà mai a trovarlo. Neppure tra le pagine del suo Diario. Neppure tra le braccia di di Henry Miller, l'autore di Tropico del Cancro, e di sua moglie June Mansfield: "Quando mi è venuta incontro" - scrisse un giorno Anaïs - "ho visto per la prima volta la donna più bella del mondo".
Il sesso per Anaïs è insieme liberazione e condanna e trova il suo culmine nei nove giorni di lussuria vissuti insieme al padre, Henry, che per vent'anni aveva deciso di scomparire nel nulla dopo averla molestata da piccola. Basta una sola parola a Léonie Bischoff per fare intuire l'orrore di quel momento: "...Lui...". Del resto era stato proprio lui a introdurla, ancora bambina, alla sessualità. Era stato il padre-orco a volerla ritrarre nuda, ancora bambina: "Voleva che posassi nuda per lui. Mi voleva tanto bene. Mi chiamava 'bellina'. Poi mi sono ammalata gravemente. Ho rischiato di morire... avevo perso molti chili. Dopo mi chiamava 'la brutta bambina'". Mentre Anaïs pronuncia ancora una volta la parola "lui" lo specchio si rompe, come l'anima di quella bambina che ha ormai perso la fanciullezza.
Lui, Henry, se ne andrà per venti anni e rientrerà nella vita di Anaïs all'improvviso. "Siamo eguali, entrambi privi di morale", pensa lei. E lui: "Non più un Dio, Anaïs".
Dopo aver consumato l'atto incestuoso, l'autrice del diario è distrutta. Il mistrale distrugge una finestra mandando in frantumi il vetro. Proprio come quella volta in cui stava parlando allo psicologo di lui. Ma questa volta sui vetri appare il vero volto di Anaïs: "Così spezzata, muoio".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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